«Freno manomesso per non interrompere servizio»: gestore e 2 tecnici fermati per la strage della funivia Stresa-Mottarone


Avrebbero volontariamente mancato di attivare il freno per evitare disservizi alla funivia. In particolare, avrebbero deciso di lasciare la ‘forchetta’ che impedisce proprio al freno di emergenza di entrare in funzione. Queste le accuse nei confronti dei tre indagati per la strage della funivia Stresa Mottarone che sono stati fermati questa mattina con gravissime accuse. Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, “Ferrovie Mottarone srl”, del direttore e del capo operativo del servizio. A disporre il fermo è stato il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri, in seguito all’analisi della cabina precipitata e agli interrogatori. Un confronto di oltre dodici ore con dipendenti e tecnici dell’impianto convocati nella caserma dell’Arma, a Stresa, dal pomeriggio di ieri. Persone informate sui fatti, in un primo momento, ma già ieri sera, con l’arrivo dei primi avvocati, è stato chiaro che la posizione di alcuni di loro era cambiata. Dopo mezzanotte è arrivato anche Nerini, raggiunto in seguito anche dal suo difensore, l’avvocato Pasquale Pantano.

Nei confronti dei tre fermati, per i quali la procura di Verbania chiederà nelle prossime ore la convalida del fermo e la misura cautelare, è stato raccolto quello che il procuratore Olimpia Bossi definisce «un quadro fortemente indiziario». L’analisi dei reperti ha infatti permesso di accertare che «la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso». Per gli inquirenti, il ‘forchettone’, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso. Un «gesto materialmente consapevole», per «evitare disservizi e blocchi della funivia» che da quando aveva ripreso servizio presentava «anomalie».

Entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, la funivia del Mottarone «era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi», precisa il procuratore Olimpia Bossi. Interventi tecnici, per rimediare ai disservizi, erano stati richiesti ed effettuati, uno il 3 maggio, ma «non erano stati risolutivi e si è pensato di rimediare». Così, «nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale», sottolinea il magistrato, che parla di «uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti».

Le indagini non sono finite. E non solo perché, con l’intervento dei tecnici, sarà necessario confermare quanto emerso dai primi accertamenti. La procura di Verbania intende infatti valutare eventuali posizioni di altre persone.  Persone che avevano «dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire». Coloro che prendevano le decisioni». E che, secondo gli sviluppi dell’inchiesta, non l’hanno fatto.

mercoledì, 26 Maggio 2021 - 10:06
© RIPRODUZIONE RISERVATA