Violenze in carcere, il garante: «Ci sono video più cruenti». Il Governo fa muro contro l’onda d’odio verso la penitenziaria


«Ci sono dei video peggiori» dice il garante dei detenuti in Campania Samuele Ciambriello. Peggiori perché «più cruenti» di quello pubblicato dal quotidiano Il Domani sul suo sito di informazione e che hanno sconvolto e indignato l’opinione pubblica, ma anche travolto il Corpo di polizia penitenziaria. In quel video, come si ricorderà, si assisteva a scene pesanti: il corridoio umano di agenti che prende a schiaffi a caso i detenuti che lo attraversano; i carcerati faccia al muro e mani sul capo presi di mira random da poliziotti penitenziari. Immagini che hanno messo un sigillo di credibilità ai racconti raccolti nelle denunce di detenuti e familiari che hanno dato la stura all’inchiesta.

Dunque, i video più raccapriccianti della «orribile mattanza» non sono ancora venuti fuori, dice Ciambriello nel corso di una conferenza stampa con i colleghi territoriali Pietro Ioia, di Napoli, Emanuela Belcuore, della provincia di Caserta e Carlo Mele della provincia di Avellino. Si tratta ovviamente di registrazioni che già sono agli atti della Procura sammaritana, ma l’intervento del garante non fa che riaccendere polemiche su quanto avvenuto nell’istituto di pena di Santa Maria Capua Vetere; una stuttura in cui, continua Ciambriello, da quando ci sono stati gli arresti il clima è più sereno. Ciambriello, Ioia e Belcuore hanno anche chiesto il riavvicinamento a casa per una trentina di detenuti, vittime delle violenze, trasferiti in strutture lontane dalle residenze dei familiari ora disagiati.

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Le immagini acquisite dagli inquirenti coordinati dal procuratore Maria Antonietta Troncone, al pari delle dichiarazioni convergenti rese dalle vittime e dei messaggi che gli indagati si sono scambiati in quel frangente sulle chat, rappresentano il tassello più importante dell’impianto accusatorio. Si tratta, va ricordato, di immagini a tal punto compromettenti da spingere alcuni funzionari a cercare di alterarle per depistare l’attività investigativa.   Nei giorni scorsi, intanto, la Procura ha presentato un appello al Tribunale del Riesame per chiedere il riconoscimento di misure cautelari più stringenti nei confronti di alcuni indagati, anche per il provveditore Antonio Fullone, che durante l’interrogatorio di garanzia, si è avvalso della facoltà di non rispondere: al giudice ha detto che parlerà dopo aver letto le carte dell’inchiesta. In quell’ordinanza, però, laddove si illustrano le circostanze che hanno spinto il giudice a emettere le misure cautelari (il pericolo di reiterazione dei reati e dell’inquinamento delle prove, ndr), non solo viene evidenziata l’ «assoluta naturalezza e la mancanza di ogni forma di titubanza» da parte degli indagati, che perpetravano le azioni violente «malmenando sistematicamente le vittime», ma sottolineato, e anche criticato, l’atteggiamento dei vertici i quali, scrive il gip Sergio Enea, «hanno acriticamente sostenuto la difesa del personale coinvolto nella perquisizione» cercando anche di «condizionare il corso delle indagini».

L’intervento dei ministri
Sui fatti di Santa Maria sono intervenute poi nella giornata di ieri sia il ministro dell’Interno Lamorgese, che era a Napoli, sia il Guardasigilli Marta Cartabia. Lamorgese ha parlato di «immagini che non avrei mai voluto vedere», ma è anche intervenuta a fare da barriera all’onda di invettive contro la polizia penitenziaria, un Corpo che esce con le ossa rotte da questa inchiesta. «Non è giusto criminalizzarlo» dice Lamorgese rispondendo a chi le chiede di striscioni, post sui social e manifesti apparsi dopo le misure cautelari.

«Mi chiedo come sia possibile che siano accaduti fatti così gravi e di grande turbamento per tutti – ha detto invece il Guardasigilli – Desidero rinnovare – ha aggiunto – la mia vicinanza a tutto il personale delle carceri italiane. Il loro lavoro è tanto prezioso quanto difficile… Mmolto spesso – ha sottolineato Cartabia – non guardiamo oltre le mura del carcere, ma dentro ci sono persone che svolgono un servizio essenziale per tutta la società e devono andare fieri sempre e portare con fierezza la divisa».

Il sentimento però, nei confronti della Penitenziaria, risente delle indiscrezioni sull’inchiesta sui pestaggi del 6 aprile e soprattutto delle terribili immagini del video. Si susseguono le manifestazioni d’odio. Dopo quelli trovati a Roma e a Cagliari dei giorni scorsi, questa volta uno striscione denigratorio con la scritta “Polizia Penitenziaria = Mafia. Il carcere è tortura, Aboliamolo!” è stato esposto a Pozzuoli, in provincia di Napoli.
    Nei giorni scorsi il provveditore reggente delle carceri della Campania Carmelo Cantone, attraverso una circolare, ha consigliato ai poliziotti della Penitenziaria di recarsi al lavoro indossando abiti civili e non la divisa, per evitare di farsi riconoscere in strada ed esporsi al rischio di ritorsioni.

martedì, 6 Luglio 2021 - 10:31
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