Due nomine spaccano il Consiglio superiore della magistratura. E’ accaduto la scorsa settimana in occasione delle votazioni per designare il procuratore di Lucca e il presidente del Tribunale di Palermo.
Domenico Manzione – ex sottosegretario all’Interno e attuale sostituto pg alla Corte d’appello di Firenze – è stato scelto per guidare la procura di Lucca ma l’ha spuntata sul rivale per un solo voto. Uno scarto risibile che fa trasparire la divisione interna al Csm. A votare in favore di Manzione sono stati 7 consiglieri, mentre in sei si sono espressi a favore del pm di Pisa Giancarlo Dominijanni. Ben 9 gli astenuti in plenum. L’incarico di procuratore capo di Lucca era vacante dal 2019: per ben due volte, il dibattito in plenum sulla nomina di Manzione si era concluso, nei mesi scorsi, con il ritorno in commissione della pratica.
L’altra nomina ‘sofferta’ è quella del presidente del Tribunale di Palermo, posto per il quale sono state presentate solo 4 domande a differenza delle 18 avanzate sei anni fa: l’incarico è andato ad Antonio Balsamo che alla fine l’ha spuntata su Piergiorgio Morosini, già consigliere del Csm e in passato giudice per le indagini preliminari anche per il caso della trattativa Stato-Mafia. Per arrivare a un vincitore non sono bastate le ben due votazioni nelle quali il plenum è stato impegnato: ciascuna votazione, infatti, si è conclusa con una parità assoluta (12 voti ciascuno; nessun astenuto), e così è scattata la norma del regolamento che assegna la ‘vittoria’ al candidato più anziano in ruolo, candidato che – nel caso di specie – era appunto Balsamo. In magistratura dal 1991, Balsamo è stato giudice a Palermo, dove ha fatto parte del collegio giudicante nel processo Andreotti e si è occupato di numerosi procedimenti riguardanti Cosa Nostra, tra i quali quello per l’omicidio del giornalista Mario Francese. A Caltanissetta, inoltre, dove ha svolto funzioni di presidente di sezione del tribunale, si è occupato anche dei processi sulle stragi mafiose del ’92. Nel 2016 è passato alla Corte di Cassazione come sostituto pg, e dal 2018 è nella Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Onu.
Un curriculum di tutto rispetto quello di Balsamo, al pari del competitor Morosini che però è entrato in magistratura due anni dopo Balsamo. In favore di Morosini si erano espressi, tra gli altri, il togato Sebastiano Ardita, il quale, ribadendo il concetto espresso dal collega Nino Di Matteo circa l’equivalenza dei due candidati, si è detto «stupito che la gran parte del dibattito si sia svolto su una questione formale, mentre qui siamo di fronte ad una delle eccellenze della magistratura italiana. Piergiorgio Morosini – ha aggiunto – è un collega che per preparazione, determinazione, coraggio è conosciuto da tutti, un magistrato che ha contribuito all’immagine e alla crescita culturale della magistratura. Glielo dobbiamo questo riconoscimento in plenum, visto che tante volte ci si è sprecati in inutili complimenti anche per candidati normali e per proposte unanimi». Morosini rilasciò un severo commento sul caso Palamara nel giugno del 2019, dicendosi «colpito» e «preoccupato» non soltanto per quanto emerso nelle chat ma soprattutto per «il linguaggio ascoltato»: «E’ preoccupante per la qualità dell’intero sistema – disse – E su questo dobbiamo interrogarci».
Tra i voti a favore di Morosini, quello del togato Sebastiano Ardita, il quale, ribadendo il concetto espresso dal collega Nino Di Matteo circa l’equivalenza dei due candidati, si è detto «stupito che la gran parte del dibattito si sia svolto su una questione formale, mentre qui siamo di fronte ad una delle eccellenze della magistratura italiana. Piergiorgio Morosini – ha aggiunto – e’ un collega che per preparazione, determinazione, coraggio è conosciuto da tutti, un magistrato che ha contribuito all’immagine e alla crescita culturale della magistratura. Glielo dobbiamo questo riconoscimento in plenum, visto che tante volte ci si è sprecati in inutili complimenti anche per candidati normali e per proposte unanimi». Morosini rilasciò un severo commento sul caso Palamara nel giugno del 2019, dicendosi «colpito» e «preoccupato» non soltanto per quanto emerso nelle chat ma soprattutto per «il linguaggio ascoltato»: «E’ preoccupante per la qualità dell’intero sistema – disse – E su questo dobbiamo interrogarci».
giovedì, 15 Luglio 2021 - 16:58
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