Concussione, inchiesta travolge la Polizia Municipale di Reggio Calabria: due agenti arrestati e sette sospesi dal servizio

Polizia Municipale

La Procura di Reggio Calabria ha decimato il Comando della Polizia Municipale reggina: due agenti sono stati arrestati, altre sette sono stati sospesi per un anno. Il gravissimo provvedimento arriva al termine dell’inchiesta, coordinata dalla Procura, che ha svelato l’esistenza di una presunta associazione criminale, ai cui vertici c’erano proprio agenti della Municipale del capoluogo calabrese accusati a vario titolo di concussione induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e violenza privata. Agli arresti, eseguiti dalla Guardia di Finanza, sono finiti gli agenti Mauro Anselmi e Giuseppe Costantino. I colleghi Domenica Fulco, Vincenzo Cassalia, Concetta Sorbilli, Maria Cinanni, Umberto Fabio Falcone, Giacomo Mauro e Paolo Cilione sono invece stati sospesi.

Nell’ordinanza firmata dal gip Vincenza Bellini su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Alessia Giorgianni, è disposto anche il sequestro della depositeria giudiziaria autorizzata “3 Esse Car”, iscritta all’Albo Prefettizio.

L’inchiesta    
L’indagine era partita da una denuncia dello scorso settembre presentata da un extracomunitario venditore ambulante, residente da 30 anni in Italia, vittima di un’ingiustificata appropriazione della merce esposta da parte dei vigili Anselmi e Costantino. I due agenti, in borghese e abusando della loro qualità, gli hanno preso la merce per un valore di circa 800 euro nonostante l’uomo avesse esibito la licenza autorizzatoria. Il tutto senza qualificarsi e senza redigere alcun verbale di sequestro o sanzione amministrativa.

Secondo gli inquirenti però, al di là di quella singola denuncia esisteva un vero e proprio sistema messo in piedi dagli agenti indagati che avrebbero sistematicamente sottratto la merce esposta dagli ambulanti extracomunitari senza redigere verbale o altri documenti per poi pubblicare sull’Albo Pretorio del Comune, di verbali di rinvenimento di merce redatti nei confronti di soggetti ignoti.

   I due agenti arrestati, Anselmi e Costantino, invece, avrebbero messo in piedi un sodalizio finalizzato alla ricerca di veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare. Con l’intento di trarne dei guadagni illeciti, infatti, secondo la Procura, sono loro i promotori di un’associazione a delinquere della quale avrebbero fatto parte anche Bruno, Iannò e Suraci a cui sono riconducibili due imprese operanti nel settore del soccorso e della rimozione di veicoli, una delle quali è una depositeria giudiziaria autorizzata. Una volta trovate autovetture sprovviste della necessaria copertura assicurativa, i due vigili, anziché procedere alla contestazione delle violazioni del codice della strada o alle operazioni di sequestro amministrativo, inducevano secondo gli inquirenti i proprietari dei veicoli ad affidare gli automezzi in questione ai rappresentanti di una delle due imprese, a turno, dietro la minaccia dell’irrogazione di salate sanzioni pecuniarie e a fronte della mancata contestazione delle violazioni.

   I responsabili del carroattrezzi, in sostanza, erano d’accordo con i due agenti di polizia locale e procedevano alla rimozione e rottamazione delle auto dietro il pagamento di un corrispettivo di denaro in contanti che era di gran lunga superiore ai compensi previsti dalla convenzione con il Comune. Non esistendo alcun verbale delle contravvenzioni, inoltre, l’ente non percepiva nemmeno il canone concessorio dalle ditte incaricate del recupero dei mezzi. Una di queste, inoltre, era riconducibile a un soggetto definitivamente condannato per associazione mafiosa.    I referenti delle imprese di rimozione dei veicoli venivano avvisati prima in modo tale da fare arrivare il carroattrezzi sul luogo delle operazioni repentinamente e costringere così le vittime dei reati a versare la somma prevista per il “diritto di chiamata”, la quale è dovuta anche se la rimozione non viene eseguita.    I due vigili finiti agli arresti domiciliari avrebbero alimentato anche un vero e proprio business sui pezzi di ricambio. Alcuni veicoli, difatti, sono stati concretamente cannibalizzati, con asportazione, presso officine “di fiducia” degli indagati, di pezzi da applicare ad autovetture loro o di loro amici.

martedì, 20 Luglio 2021 - 11:27
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