Certificato verde e giustizia, il premier Draghi blinda la maggioranza: sì del CdM al voto di fiducia sulla riforma Cartabia

Marta Cartabia

In una sola giornata il presidente del Consiglio Mario Draghi incassa due risultati importanti: obbligo di certificazione verde (Green Pass) e voto di fiducia per blindare la riforma della giustizia firmata dal Guardasigilli Marta Cartabia. Nel corso dell’ultimo Consiglio dei Ministri è passata la linea del premier, con il sì del Movimento Cinque Stelle che proprio sulla riforma ha avviato nei giorni scorsi una manovra ostruzionistica sottoforma di una pioggia di emendamenti (917 in tutto).

«Nessuno vuole sacche di impunità, ma processo rapido e colpevoli puniti – ha dichiarato il premier – Sulla riforma della giustizia c’è stato un rapido passaggio in consiglio dei ministri, ho chiesto l’autorizzazione alla fiducia quando sarà il momento in Parlamento perché c’è stato un testo approvato all’unanimità in Cdm e questo è un punto di partenza. Qualora ci fossero miglioramenti tecnici anche importanti noi siamo aperti, molto aperti, qualora ci fossero servirà un nuovo passaggio in consiglio dei ministri».

La fiducia sul testo, ha spiegato Draghi, è un modo di porre «un punto fermo»: «C’è tutta la buona volontà ad accogliere emendamenti che siano di carattere tecnico e non stravolgano l’impianto della riforma e siano condivisi. Non mi riferirei solo agli emendamenti di una parte, perché ci sono anche altre parti».

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«Chiedere la fiducia può avere delle conseguenze diverse prima del semestre bianco o durante il semestre bianco, ma la diversità è molto sopravvalutata – ha detto ancora Draghi – Chiederla cinque o sei giorni prima è come chiederla durante, perché i tempi per organizzare una consultazione elettorale non ci sarebbero comunque. Non è con una minaccia di questo tipo che si fa una riforma così complessa. Una riforma come quella della giustizia deve essere condivisa ma non è giusto minacciare un evento, la consultazione elettorale, se non la si approva».

Il ministro della Giustizia Cartabia nel corso della conferenza stampa ha spiegato poi le ragioni dietro la riforma approntata. In primis, la necessità di risolvere la piaga dei processi lumaca, in vista soprattutto dell’attuazione del Pnrr – il Recovery Plan – ma anche «per ragioni legate alle esigenze dei cittadini».  Affrontare il tema della riforma della Giustizia – che «non è solo una riforma della prescrizione ma una riforma complessiva per abbreviare i processi ed evitare zone di impunità» – «non è stato semplice, tutti hanno punti sensibili, tutti hanno dato apporti, tutti hanno richiesto di eliminare degli elementi che trovavano particolarmente difficili».

«Da più voci è stata espressa preoccupazione, che mi pare vada presa in considerazione seriamente, su un punto specifico: data la criticità di alcune corte di appello evitare che l’impatto di una novità come quella introdotta con l’improcedibilità non provocasse un’interruzione di procedimenti importanti», ha aggiunto Cartabia. «Questa è una preoccupazione molto seria che anche il governo ha avuto fin dall’inizio – ha affermato – ed è il terreno su cui si stanno valutando questi accorgimento tecnici».

«Il governo ha messo in campo risorse umane, digitalizzazione, riforma organizzativa e processuale che prende tutto il processo non si può guardare solo al possibile effetto di quel termine temporale che è raggiungibile nella stragrande maggioranza delle Corti d’Appello» ha ancora dichiarato il ministro della Giustizia ricordando che «per le corti d’Appello in difficoltà, che sono 7, interverremo con strumenti ad hoc perché nessuno possa essere in condizioni di dire non posso chiudere un processo in due anni o in tre anni».

venerdì, 23 Luglio 2021 - 09:08
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