Giustizia, la riforma Cartabia cancella Bonafede: sì stentato del M5s che strappa tempi più lunghi per i reati di mafia

Marta Cartabia

Un ultimo, burrascoso, Consiglio dei Ministri prima della pausa estiva; un CdM chiamato a discutere del tema che più divide le forze di maggioranza e che si chiude con una vittoria a tutto campo del ministro della Giustizia Marta Cartabia e del premier Mario Draghi, la cui linea di archiviare la riforma Bonafede sulla prescrizione e di mettere la giustizia italiana al passo con quella europea passa non senza fatica, ma passa. Alla fine, e dopo una sospensione di due ore utile a trovare una mediazione soprattutto con il Movimento Cinque Stelle, il Consiglio dei Ministri dà il via libera con il sì dei grillini alla riforma del processo penale. La proposta passata infine, dopo lo stop della seduta e grazie alla mediazione del Pd, prevede tempi più lunghi, fino a sei anni in appello e cinque a regime, per i processi per delitti con aggravante mafiosa nella fase transitoria di entrata in vigore della nuova prescrizione, fino al 2024. Il teso andrà domani alla Camera per la discussione generale, e arriva a Montecitorio dopo giornate di grande tensione assorbite solo dopo l’intervento dei Dem attraverso il ministro Orlando la cui mediazione avrebbe assorbito i dubbi del M5s sull’improcedibilità per l’articolo 416 bis.1 del codice penale, sull’aggravante mafiosa. Una deroga esplicita per quei reati ci sarebbe nella fase transitoria, con la possibilità di termini fino a 5 anni a regime. Alla fine, tutti gli emendamenti vengono ritirati, passano alcuni «aggiustamenti» (la definizione è del ministro Cartabia) per dare ascolto al dibattito vivacissimo delle ultime settimane e alla fine il Guardasigilli può incassare una vittoria importante: «E’ una giornata importante – dice – lunghe riflessioni per arrivare a un’approvazione all’unanimità con convinzione da parte di tutte le forze politiche. Ora c’è l’obiettivo di accelerare il più possibile per concludere se possibile prima della pausa estiva questa importantissima riforma».

Le reazioni dei partiti oscillano dalla delusione all’entusiasmo per una riforma che rischiava di sfilacciare ancor di più la maggioranza. «Non è la nostra riforma – ha dichiarato il leader pentastellato Giuseppe Conte – come era facile intuire». L’ex premier sperava in un rinvio, ma l’idea è ben presto sfumata. Anzi Conte, arrivato a Palazzo Chigi per sostenere le ragioni del Movimento e speranzoso che saltasse la discussione in Aula (invece poi fissata per domenica), alla fine si è trovato stretto in un angolo da Cartabia e Draghi, intenzionati invece ad andare avanti; alla fine, dopo l’estenuante trattativa, Conte strappa l’estensione della prescrizione in appello per un altro anno – questo nei primi tre anni di applicazione della riforma – e di sei mesi in più in Cassazione. Per i reati di mafia, violenza sessuale e reati di terrorismo e eversione, inoltre, si prevede che i giudici di Appello e Cassazione possano emettere ordinanza motivata ricorribile in Corte Suprema per disporre un’altra proroga del periodo processuale ma solo se ricorrano alcuni requisiti concernenti complessità del processo, numero delle parti, numero delle impitazioni, complessità delle questioni di fatto e di diritto. Per i reati di associazione mafiosa la proroga può essere disposta ma per non oltre due anni.

Questa ultimissima versione arrivata sul tavolo del CdM accoglie l’unanimità dei consensi dei partiti che infine ritirano gli emendamenti. E anche Conte deve incassare il risultato a metà, perché si affossa la riforma Bonafede ma, dice, «sono fiducioso» circa la risposta compatta del Movimento alla Camera dopo domani.

A un Conte deluso fa da contraltare il ministro Cartabia che può festeggiare il via libera alla sua riforma, e la soddisfazione del Pd espressa dal segretario Enrico Letta: «Riforma della giustizia che si avvicina all’Europa e fa compiere grandi avanzamenti in termini di modernità ed efficacia – afferma in un tweet –  Cartabia ha trovato il giusto equilibrio per superare la riforma precedente senza scadere nell”impunità. Ci siamo spesi per l’accordo. Ne siamo contenti».

Soddisfatti anche Matteo Renzi di Italia Viva e i forzisti Antonio Tajani e Enrico Costa. Matteo Salvini e Giulia Bongiorno della Lega festeggiano: «Soddisfazione per la riforma della Giustizia: come chiesto dalla Lega, non rischieranno di andare in fumo i processi per mafia, traffico di droga e violenza sessuale. E ora avanti tutta con i referendum che completeranno il profondo cambiamento chiesto dai cittadini».

venerdì, 30 Luglio 2021 - 08:37
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