Giustizia, la riforma Cartabia passa alla Camera. I 5Stelle rivendicano: «Migliorata grazie a noi». Iv e Fi contro Bonafade


La tanto attesa riforma del processo penale è arrivata. Si è dovuti attendere l’arrivo del nuovo governo e di un nuovo ministro per riuscire a mettere d’accordo, seppur con tanti compromessi, il centrosinistra, due anime del centrodestra (Forza Italia e Lega) e persino i grillini che erano gli autori di un testo assai spinto sul fronte giustizialista e che per oltre due anni ha incontrato pesanti ostacoli fuori e dentro l’Aula.

Ieri sera, dopo avere superato le due fiducia per ciascuno degli articoli che compone il ddl, il Governo ha incassato anche l’ultimo voto favorevole della Camera per promuovere il testo della Cartabia e consentirne il passaggio al Senato, con conseguente discussione (che avverrà a settembre): il via libera è arrivato con 396 sì, 57 no e 3 astenuti. Un consenso bulgaro, che suggella l’intenso lavoro svolto in questi cinque mesi per cercare di trovare soluzioni in grado di mettere d’accordo tutti, anche se ciascun partito ha dovuto cedere su qualche punto.

Tra i nodi sui quali si sono consumati trattative e scontri delle ultime settimane, innanzitutto la prescrizione processuale: in appello, secondo la riforma, i processi dovranno durare due anni e in Cassazione uno, con la possibilità che i procedimenti più complessi arrivino rispettivamente fino a tre anni e a 18 mesi. L’accordo raggiunto nei giorni scorsi prevede ulteriori proroghe di un anno per i reati più gravi come mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di droga, stabilite dal giudice. Mentre resta la non prescrizione per i reati puniti con l’ergastolo. Inappellabili invece le condanne per i reati minori.

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Si guarda poi in maniera diversa alla pena, con l’impiego dei lavori socialmente utili non retribuiti, arresti domiciliari o semilibertà con rientro notturne, per le condanne e i 9 reati più lievi. E si rivede anche la detenzione con ampia apertura alle sanzioni alternative e con assunzioni e formazione per il personale carcerario, soluzione ancor più sentita dal ministro Cartabia dopo la sua visita al carcere di Santa Maria Capua Vetere, teatro dei pestaggi ai detenuti dell’aprile del 2020. Infine potenziamento dello staff del magistrato che diventa l’arma per velocizzare del 25% il processo penale e del 40% quello civile, con l”assunzione a tempo determinato nei prossimi 5 anni di 21.910 persone.

I 396 voti a favore raccontano, dunque, tutti questi sforzi di dialogo compiuti. Ma racchiudono anche forti tensioni all’interno di qualche gruppo parlamentare. Oggi i grillini provano a raccontarsi la favola di essere riusciti a «migliorare» «il testo originario» con il loro «contributo»: «Il regime speciale che sottrae alla tagliola dell’improcedibilità gravi reati come quelli di associazione mafiosa, violenza sessuale, voto di scambio politico-mafioso, traffico di droga, lo abbiamo voluto noi. E grazie al nostro intervento, migliaia di processi non andranno in fumo», ha detto Eugenio Saitta, capogruppo del Movimento cinque stelle in commissione Giustizia alla Camera dei deputati.

E Alfonso Bonafede, che conserva lo scranno in Parlamento dopo avere posto la poltrona di Guardasigilli, sottolinea che quella approvata non è una riforma ex novo, ma la sua riforma, quasi a volere sostenere che non vi è stato alcun miracolo da parte del ministro Cartabia e che i punti centrali del testo sono frutto del suo lavoro: «Il piano di assunzioni su cui si basa l’intera riforma e’ quello concepito e in gran parte finanziato negli ultimi tre anni dai Governi Conte I e Conte II: circa 18mila assunzioni ordinarie a cui si aggiungono circa 21 mila assunzioni nel PNRR scritto nel Conte II e integralmente confermato dal governo Draghi. Stessa cosa per l’ampliamento di pianta organica dei magistrati. Si tratta di un piano di investimento nell’organico della giustizia che non ha precedenti nella storia del nostro Paese. Questo per evidenziare che il M5s al governo ha dimostrato di tenere alla velocizzazione della giustizia come mai nessuno aveva fatto prima», ha rivendicato.

Tuttavia, proprio Bonafede – durante il suo intervento – ha ammesso con candore che «quello che viene votato non è il testo che avremmo voluto», evidenziando però che i grillini su certi temi hanno tenuto duro riuscendo a spuntarla: «Abbiamo alzato le barricate? Assolutamente sì. Siamo stati gli unici? Orgogliosamente sì. È nel nostro dna essere in trincea per difendere i valori della giustizia». Benché i grillini, oggi, cerchino in qualche modo di giustificare il passo indietro sul terreno della Giustizia che aveva fatto ritrovare Bonafede in un angolo, la verità è che i pentastellati sono consapevoli di avere ceduto su un loro cavallo di battaglia. E il malumore per questo dietrofront lo si è notato in occasione del voto sulle due fiducie, quando 13 deputati – non impegnati in missione – hanno deciso di non votare.

Se per i grillini non vi è alcunché da festeggiare, esultano invece nelle file del centrodestra e pure in quelle dei renziani. Il motivo del giubilo è uguale: la sconfitta della riforma Bonafede. Il presidente di Italia Viva Ettore Rosato la racconta così con un post su Facebook: «L’Italia vince! Sulla giustizia il governo Draghi ha mostrato la più profonda discontinuità rispetto a chi c’era prima. Con la riforma sul processo penale votata alla Camera, si mette definitivamente da parte la violenza giustizialista e si torna a difendere i diritti fondamentali sanciti nella nostra Costituzione. Quelli che abbiamo difeso per oltre un anno e mezzo dagli attacchi di Bonafede e Conte».

Incalza Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato e responsabile del movimento azzurro per i rapporti con gli alleati, durante un intervento al Tg2 Post: «Come tutti sappiamo bene la riforma della giustizia era indispensabile, sia perché legata ai fondi del recovery che per i cittadini e gli investitori, visto che le lentezze del nostro sistema giudiziario ci costano più di 2 punti di Pil ogni anno. Di certo ogni riforma è perfettibile e anche questa lo è, ma va nella direzione del garantismo, quella chiesta da Forza Italia con la quale, grazie a che al lavoro del Sottosegretario Sisto, abbiamo superato l’abominio del ‘fine pena mai’ voluto da Bonafede”».

mercoledì, 4 Agosto 2021 - 11:19
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