Napoli, carabiniere infedele derubava gli spacciatori di droga e soldi. Incastrato dalla ‘spia’ nel telefono del collega

intercettazioni

Sono due le accuse per le quali il carabiniere Walter Intilla, che all’epoca dei fatti lavorava presso il Nucleo Operativo e Radiomobile – Sezione Operativa del reparto Territoriale dei Carabinieri di Mondragone (Caserta), è stato sottoposto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli su collusioni di esponenti delle forze dell’ordine con esponenti della criminalità organizzata partenopea.

Il gip Maria Laura Ciollaro ha ritenuto gli indizi sussistenti rispetto alle ipotesi di reato di furto in abitazione e di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. In nessuno dei due casi è stata contestata l’aggravante della matrice camorristica, contrariamente a quanto accaduto all’altro carabiniere finito al centro della stessa indagine, Mario Cinque, per il quale si sono invece spalancate le porte del carcere.

Intilla è poi indagato a piede libero per rivelazione di segreto d’ufficio in concorso con Cinque. Nello specifico a Intilla viene contestato l’essersi impossessato di stupefacenti e droga nelle case di spacciatori extracomunitari durante operazioni di perquisizione.

A rovinare Intilla è stato, senza volerlo, l’amico Mario Cinque: quest’ultimo, che all’epoca dei fatti lavorava a Bagnoli, era sotto intercettazioni dopo le accuse di corruzione mosse nei suoi confronti da un collaboratore di giustizia.

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Proprio il software spia introdotto nel telefonino di Cinque consentì di captare una conversazione svoltasi in macchina tra Cinque, Intilla e un terzo militare dell’Arma. Parlando con quest’altro carabinieri, Cinque commentava gli illeciti commessi dal collega: «Walter… coso… che si sono fatte le briciole… ma quanti soldi. Entravano nelle case dei neri… facevano la droga… poi cinquanta, quarantamila euro… Si prendevano tutto coso. Non li arrestavano. Hai capito che facevano? Hai capito che facevano? Ua! Io se dovessi fare una cosa del genere non mi sentirei proprio guarda…».

Le parole di Cinque fanno il paio con le dichiarazioni rese dal pentito Giacomo Di Pierno, che si era limitato a riportare un narrato acquisito da terze persone: «C’era un carabiniere a nome Walter, che io non ho mai visto, ne conosco, il quale si prendeva la droga agli extracomunitari nella pineta di Castel Volturno, non verbalizzava nulla, non sequestrava nulla, tanto meno li arrestava perché Castel Volturno non era sua competenza e la portava a (omissis) al quale la vendeva a 30 euro al grammo». Per dirla con il gip Ciollaro «la conversazione ambientale» di Cinque «costituisce un granitico riscontro a quanto dichiarazione da Giacomo Di Pierno». E ancora: «Non si può non rilevare l’esatta corrispondenza tra le due fonti di prova, evidente del tutto autonome l’una dall’altra, che costituiscono gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato».

mercoledì, 4 Agosto 2021 - 20:16
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