Giustizia, la Cassazione non perdona Palamara: resta fuori dalla magistratura. Lui: «Porto il caso in Europa»

Luca Palamara
Luca Palamara

«Rispetto la decisione» ma «porterò il mio caso in Europa». Luca Palamara non intende arrendersi. Con una sentenza di 180 pagine, le Sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno confermato la radiazione della magistratura che fu disposta dal Consiglio superiore della magistratura: l’ex pm di Roma si era appellato agli ‘ermellini’ ritenendo la decisione ingiusta. Nulla da fare. Per ora.

Palamara ha annunciato che «la battaglia continua». «Continua il mio impegno, nell’interesse dei cittadini, per affermare i principi di legalità e soprattutto la verità su come ha funzionato il meccanismo delle correnti», ha commentato. «Lascio giudicare a tutti che credibilità possa avere una pubblica accusa sostenuta da chi era presente nelle mie chat e si autoraccomandava e un vice presidente del Csm eletto secondo gli stessi meccanismi che ora mi vengono contestati», ha aggiunto Palamara. E tornando sull’intenzione di portare il suo caso in Europa, ha spiegato che è rafforzata dal fatto che »sono in corso accertamenti da parte delle procure di Firenze e Napoli sull’utilizzo del trojan».

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Questa sarà un’altra storia. Adesso agli atti restano le parole delle Sezioni unite della Cassazione. Parole pensantissime. Per i giudici «Palamara ha agito sulla base di motivazioni assolutamente personali, intendendo colpire specificamente singoli magistrati, volta per volta presi di mira e al contempo e sinergicamente, ponendo in essere manovre strategiche tese a collocare-in alcuni uffici giudiziari sensibili-taluni magistrati in luogo di altri aspiranti».

Il modus operandi, incalzano i giudici, ha portato alla «inevitabile ma necessaria conseguenza di sfavore di tutti i (numerosi altri) concorrenti rimanenti, diversi da quelli prescelti, programmaticamente selezionati non già sulla base di meriti oggettivi, ma unicamente in forza di convenienze strettamente personali, dell’incolpato e dei suoi interlocutori». Il comportamento di Palamara, concludono i giudici, è «tutt’altro che occasionale ma, al contrario, soggettivamente avvertita dall’incolpato come assolutamente normale, usuale, fondata sul radicato convincimento della riconducibilità sistematica delle proprie condotte anche al piano di una possibile e lecita (se non addirittura scontata) interlocuzione tra “magistratura” e “politica”».

giovedì, 5 Agosto 2021 - 15:16
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