Green Pass, De Luca contro lo storico Barbero: «Dice stupidaggini, ha firmato appello sgangherato»


Le «bastonate» dialettiche del governatore campano Vincenzo De Luca non risparmiano nemmeno un insigne storico come Alessandro Barbero, medievalista e docente dell’Università del Piemonte Orientale ‘reo’ di aver firmato, con altri 300 colleghi, un appello contro l’obbligo di Green Pass per accedere alle Università.

«La sua intervista mi ha rovinato la mattinata», «ha detto stupidaggini», Barbero è  espressione di no-vax a «tendenza neo medievale»: De Luca non si è risparmiato per criticare lo stimato studioso molto noto, suo malgrado, a Napoli per certe feroci invettive lanciateci dai neo borbonici su alcune sue ricostruzioni storiche relative al periodo post-unitario al Sud. Stavolta gli schiaffi li prende, senza contraddittorio, direttamente dal presidente della Regione.

«Ci sono i neo-medievali, tra i quali possiamo collocare i no vax – ha affermato De Luca – ma possiamo collocare anche tanti docenti universitari che hanno firmato un appello sgangherato, opportunistico e irresponsabile, in relazione al vaccino anticovid19».

«Questa mattina una intervista allo storico Alessandro Barbero mi ha rovinato la mattinata – ha continuato – Ha avuto la capacità di dire in tre colonne tutta una serie di stupidaggini che gridano vendetta. Una persona (Barbero) che dice che si è vaccinata, che non avrebbe neanche problemi a rendere obbligatorio il vaccino, ma contesta – non ho capito neanche bene che – l’umiliazione di alcuni settori del mondo del lavoro che col green pass sarebbero penalizzati non facendo il vaccino: come, secondo lui, i poliziotti che nella mensa non possono andare se non si sono vaccinati, mentre poi possono lavorare fianco a fianco coi colleghi vaccinati…a questo ‘scienziato’ non viene in mente che la situazione a mensa è diversa, perché a pranzo ci si deve togliere la mascherina per mangiare e basta un colpo di tosse per contagiare chi ti sta di fronte? E questa sarebbe la violazione della libertà?».

«Dovremmo ricordare a questo professore e agli altri 300 firmatari dell’appello ‘no green pass all’università’ che la libertà è stata tolta non a chi non si è vaccinato, ma alla povera gente che in questo anno e mezzo non ha potuto operarsi di tumore, o al cuore, o al cervello perché abbiamo dovuto chiudere i reparti ordinari per accogliere i malati di Covid. Quella è la libertà che è stata violata: una vergogna. Invece, costoro chiedono ai poteri pubblici di intervenire. Come se un cittadino, un intellettuale, non debba fare il proprio dovere e debba rinunciare ad esercitare la propria funzione di intellettuale. Senza responsabilità, la democrazia muore».

Barbero nei giorni scorsi è finito sulle cronache, vista la stima di cui gode negli ambienti della storiografia e non solo (i suoi convegni sono molto partecipati e i suoi numerosi estimatori hanno fatto di lui un vero e proprio personaggio), per la sottoscrizione dell’appello contro la certificazione negli atenei. Ha spiegato: «Qualcuno mi presenta come una specie di superstizioso fanatico contrario ai vaccini. Ma nell’appello che ho firmato non si parla affatto dell’utilità dei vaccini, anzi si dice chiaramente che molti dei firmatari sono vaccinati, me compreso. Il problema che mi preoccupa è l’obbligo del Green Pass per gli studenti che dopo aver pagato fior di tasse universitarie sono esclusi dalle lezioni se non hanno il certificato».

«Vivere in un Paese in cui non si può salire su un treno o entrare in un ufficio pubblico o andare all’università se non si possiede un pezzo di carta che però – per carità! – non è assolutamente obbligatorio, è surreale e inquietante», sostiene il docente di Storia, da cui il suo ateneo, l’Università del Piemonte Orientale, ha preso le distanze. «Sono un professore universitario e i miei datori di lavoro sono i miei studenti – sostiene -. Se io vedo che fra i miei studenti c’è preoccupazione e indignazione per l’obbligo del Green Pass per entrare all’università, io ho il dovere morale di esprimere la mia posizione. Tanti colleghi hanno una posizione diversa, compreso il rettore della mia Università, e fanno bene a esprimerla pubblicamente: l’Università è appunto il posto in cui si cerca la verità senza pretendere di averla già in tasca, e si affrontano i dubbi, anziché tacitarli».

giovedì, 9 Settembre 2021 - 10:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA