Gli affari del clan Senese a Roma, chiesti due secoli per 26 imputati. Pugno duro del pm per il boss Michele

aula tribunale

Quasi due secoli di reclusione. E’ il totale delle condanne invocate dal pubblico ministero antimafia Francesco Minisci al processo ‘Affari di famiglia’ contro il clan Senese.

Il magistrato ha chiesto la condanna di tutti i 26 imputati accusati, a vario titolo, di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti. In alcuni casi è stata contestata anche l’aggravante del metodo mafioso.

La pena più alta, 18 anni di reclusione, è stata proposta per il boss Michele Senese, detto ‘o pazzo, che agli albori della sua carriera criminale era uomo di fiducia di Angelo Moccia: originario di Afragola, a soli 22 anni Senese venne inviato nella Capitale dalla Nuova Famiglia e alla fine rimase a Roma coltivando i suoi affari illeciti. Diciassette anni sono stati invece chiesti per il figlio di Senese, Vincenzo. Otto anni per il fratello Angelo e per la moglie Raffaella Gaglione. Il processo si sta definendo con la modalità del rito abbreviato, formula che prevede lo sconto di un terzo della pena.

Dall’indagine era emerso che Michele Senese aveva continuato a dettare ordini dal carcere scambiando ‘pizzini’ con i familiari durante i colloqui, in particolare con il figlio Vincenzo, e con la moglie, Raffaella Gaglione. «Cioè, qui stiamo parlando de… che è il capo di Roma! No il capo di Roma, il capo…il boss della camorra romana!!! Comanda tutto lui!!», diceva uno degli arrestati riferendosi a Senese in un’intercettazione riportata nell’ordinanza del gip.

martedì, 28 Settembre 2021 - 20:37
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