Il via libera alla tanto attesa riforma del Csm è arrivato. Il Consiglio dei ministri ha acceso il disco verde all’unanimità al testo che va ad integrare la complessiva riforma della Giustizia. E, unitamente alla rivisitazione delle modalità di elezione dell’organismo di autogoverno delle toghe, il Guardasigilli ha messo mano a uno dei temi più spinosi della magistratura: l’ingresso in politica e il successivo rientro in servizio. Due punti sui quali le forze politiche hanno trovato ampia convergenza.
«Abbiamo messo mano al sistema elettorale» del Csm, «riscritto il capitolo delle ‘porte girevoli’» per i magistrati che entrano in politica, «modificato in modo incisivo le modalità di nomina del Csm e dei vertici apicali per evitare ‘nomine a pacchetto’ e accordi non virtuosi», ha spiegato Cartabia descrivendo le linee guida della riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della Magistratura.
«La riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm era ineludibile per la scadenza a luglio del Consiglio ora in carica, ma anche per accompagnare la magistratura in un percorso di recupero della piena fiducia e credibilità. Il percorso di rinnovamento ha a che fare con l’attitudine personale delle persone, ma norme più adeguate e rigorose possono sostenere la magistratura nel percorso», ha osservato il Guardasigilli Marta Cartabia nel corso della conferenza stampa convocata per fare il punto sul testo licenziato dal Cdm. Si dice soddisfatto il premier Mario Draghi, soprattutto per la larga convergenza che vi è stata da parte delle forze politiche: «E’ stata una discussione ricchissima e anche molto condivisa. L’impegno è adoperarsi con i capigruppo per dare priorità assoluta in parlamento per l’approvazione riforma entro l’elezione del prossimo Csm».
LA NUOVA ELEZIONE DEL CSM: COME FUNZIONERA’
Nello specifico la riforma del Csm prevede il ritorno a 30 membri+3 di diritto (come era prima della riforma del 2002; oggi sono 24+3 di diritto) e un sistema elettorale misto basato su collegi binominali, che eleggono due componenti l’uno, ma prevede una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale.
La composizione del plenum dell’organo di governo autonomo delle toghe prevede 3 membri di diritto (Presidente della Repubblica, Primo Presidente e procuratore generale della Cassazione) e poi 20 togati e 10 laici. Dei 20 togati, 2 sono in rappresentanza dei magistrati di legittimità, 5 pm, 13 giudicanti. Per l’elezione dei due togati di legittimita’ si prevede un collegio unico binominale nazionale, sistema maggioritario. Tutti votano, con un solo voto a disposizione. Sono eletti i primi due piu’ votati. Per i 5 pubblici ministeri, si prevedono 2 collegi territoriali binominali, numericamente omogenei. Ogni collegio elegge i primi due (maggioritario), dunque in totale 4. Per eleggere il quinto pubblico ministero, si individua il miglior terzo piu’ votato con calcolo ponderato, cioé in percentuale al bacino elettorale. Il 5 posto e’ il miglior terzo sui due collegi. Per quanto riguarda invece i 13 giudicanti, una parte viene eletta con sistema maggioritario, una parte con proporzionale. Otto seggi sono attribuiti con sistema maggioritario binominale (due per ogni collegio): il territorio viene diviso in 4 collegi territoriali omogenei. I primi due di ogni collegio vincono. Altri 5 posti sono invece da eleggere su base proporzionale, a livello nazionale.
Questa riforma, ha sottolineato il ministro Cartabia, la si doveva «ai tantissimi magistrati che lavorano, ogni giorno, silenziosamente, e ai cittadini che hanno diritto a recuperare la piena fiducia nei confronti della magistratura». Quindi ha strigliato la magistratura, osservando che la riforma è «esigente nei confronti dei giudici» ma «risponde ad una esigenza della magistratura di essere forse un pochino più severa con se stessa, perché questa richiesta di recupero della credibilità viene anzitutto dall’interno».
Il Guardasigilli ha poi evocato la piena convergenza in Parlamento nell’«arginare casi come quello di Palamara»: «C’è unanimità di vedute in Parlamento. C’è stata condivisione assoluta anche sui nodi sui quali intervenire, come le porte girevoli, cioè il passaggio del magistrato a cariche politiche. Quello su cui permangono differenze è sulla gradazione delle misure». Queste differenze di vedute saranno affrontate in Parlamento e, come anticipato da Draghi, ci sarà una discussione vera perché il Governo non intende porre la fiducia. La Camera ha già calendarizzato la discussione in aula verso la fine di marzo.
LO STOP ALLE PORTE GIREVOLI
L’altro capitolo della riforma riguarda il meccanismo delle porte girevoli, ossia l’ingresso dei magistrati in politico e il loro eventuale ritorno in servizio. «I magistrati che entrano in politica non possono tornare a svolgere funzioni giurisdizionali. La modifica introdotta oggi riguarda gli incarichi tecnici: per questi il divieto vale se l’incarico dura almeno un anno», ha anticipato il Guardasigilli. Di fatto sara’ vietato esercitare contemporaneamente le funzioni giurisdizionali, e quelle legate a incarichi elettivi e governativi (a livello nazionale e locale), come invece succede oggi. I magistrati che scelgono di presentarsi alle elezioni non potranno farlo nelle regioni in cui hanno esercitato la funzione di giudice o di pubblico ministero nei tre anni precedenti. Concluso il mandato elettorale i magistrati non potranno più svolgere alcuna funzione giurisdizionale, ma saranno collocati fuori ruolo presso il ministro della Giustizia o altre amministrazioni.
Una nota di soddisfazione arriva dal Movimento Cinque Stelle: «L’impianto della riforma del Consiglio superiore della magistratura, portata in Consiglio dei ministri, segna in gran parte il ritorno alla riforma Bonafede confermando lo stop al meccanismo delle ‘porte girevoli’ fra magistratura e politica, principio portato avanti da sempre dal MoVimento 5 Stelle. C’è però bisogno di lavorare ancora in Parlamento per migliorare l’impianto, dobbiamo farlo entro il mese di maggio per garantire l’approvazione definitiva prima del rinnovo delle cariche del Csm», si legge in una nota dei deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Giustizia. «Sui meccanismi della legge elettorale – continuano – per l’elezione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura, ci riserveremo di fare ulteriori proposte per le modifiche necessarie nel corso dell’esame in Parlamento». «L’obiettivo resta quello di dare al Paese una riforma capace di restituire piena indipendenza e autonomia alla magistratura, nel rispetto dei dettami costituzionali, e di ridare piena credibilità alla categoria agli occhi dei cittadini, proponendosi, tra l’altro, di mettere un argine alla deriva del correntismo».
venerdì, 11 Febbraio 2022 - 17:23
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