Sì a 5 referendum in materia di Giustizia, no ad altri 3 che vertevano non solo sulla Giustizia ma su altri due temi oggetto di grande dibattito sopratutto nella società civile.
La Corte Costituzionale segna il passo dell’agenda politica con una decisione che non passa sotto traccia. Nella giornata di oggi, dopo una camera di consiglio conclusasi solo in serata e durata due giorni, la Consulta ha giudicato ammissibili i referendum che riguardano l’abrogazione del decreto Severino in materia di incandidabilità, la limitazione del carcere preventivo, la separazione delle funzioni dei magistrati, la riforma del Csm e il voto nei Consigli giudiziari. Su questi quesiti si voterà tra aprile e giugno, la data sarà fissata nelle prossime settimane.
Nello specifico con la riforma elezione Csm verrebbe abrogato, in caso di vittoria del sì, l’obbligo per un magistrato che voglia essere eletto a Palazzo dei Marescialli di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura; sul fronte della separazione delle carriere dei magistrati, con la vittoria del sì il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, di giudice o pubblico ministero, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale; sui limiti custodia cautelare, con la vittoria del sì resterebbe in vigore la carcerazione preventiva, per il cosiddetto ‘pericolo di reiterazione del reato’, solo per chi commette i reati più gravi; con l’abolizione del decreto Severino saranno cancellate l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna; la revisione dei Consigli giudiziari consentirebbe di riconoscere anche ai membri ‘laici’ dei Consigli giudiziari, avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.
Bocciati i tre quesiti sulla responsabilità civile dei magistrati, sulla cannabis e sull’eutanasia. Proprio su quest’ultimo si è concentrata buona parte della conferenza stampa del presidente Giuliano Amato e non è stato un caso: il tema dell’eutanasia è molto sentito nella società e oggetto di grandi discussioni. Soprattutto sui social la questione si fa rovente e in molti hanno manifestato la delusione dell’esclusione del quesito referendario anche con parole forti. «Leggere che chi ha deciso non sa cosa sia la sofferenza, mi ha ferito. Ha ferito tutti noi», ha esordito Amato rispondendo alle critiche. «L’uso della parola eutanasia ha portato a questo.
Perché quello è un quesito sull’omicidio del consenziente», e così com’è «apre all’immunità penale per chiunque uccida qualcun altro con il consenso di quel qualcun altro, che sia malato oppure no», ha aggiunto. «Occorre dimensionare il tema dell’eutanasia a coloro ai quali si applica, a coloro che soffrono. E questo noi, sulla base del quesito referendario, non lo potevamo fare, ma, con altri strumenti, se ne può occupare il Parlamento», ha spiegato Amato.
Quanto al referendum sulla cannabis, Amato ha spiegato che esso «avrebbe violato accordi internazionali» perché comprendeva sostanze stupefacenti, «come papavero e coca, cosiddette droghe pesanti». Di qui la decisione di dichiaro inammissibile.
mercoledì, 16 Febbraio 2022 - 23:16
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