Frode con il bonus facciate, sequestro da 16 milioni di euro: coinvolte sette imprese e otto persone


Sul ‘bonus facciate’ ci sono state speculazioni. Meglio ancora: frodi. Lo hanno gridato a più voci inquirenti e politici. E adesso arrivano le inchieste a certificare l’esistenza di sacche di illegalità nel comparto di un bonus pensato per dare ossigeno al settore edilizio fortemente penalizzato dalla crisi economica da Covid-19.

Nella giornata di oggi i finanzieri del Comando provinciale di Crotone hanno eseguito un decreto di sequestro, emesso dalla procura, di beni per un valore di 16 milioni di euro, tra aziende e conti correnti. Il provvedimento cade nell’ambito di una presunta truffa ai danni dello Stato consistita nell’aver generato e commercializzato fittizi crediti d’imposta relativi alle spese sostenute per falsi interventi edilizi per il “bonus facciate” introdotto dal “Decreto Rilancio”.

In particolare i sigilli sono stati apposti a quote societarie, compendi aziendali, disponibilità finanziarie, con il blocco sul portale dell’Agenzia delle Entrate dei crediti compensabili nei rispettivi cassetti fiscali, riconducibili a 7 imprese (due con sede a Milano, due in provincia di Crotone, una in provincia di Modena, una in provincia di Vibo Valentia ed una a Catanzaro) e 8 soggetti (due originari di Crotone, uno della provincia di Milano, due della provincia di Siracusa, uno di Catanzaro, uno di Napoli ed uno di Modena) risultati cedenti e cessionarie dei crediti di imposta fittizi.

Le indagini sono partite dagli approfondimenti sulla posizione di una società di capitali con sede dichiarata a Milano operante nel settore della costruzione di edifici residenziali che è risultata aver ricevuto e ceduto crediti d’imposta per rilevanti importi, maturati in seguito all’esecuzione di lavori di rifacimento facciate di alcuni immobili, falsamente documentati ed in realtà mai avvenuti.

Lo sviluppo delle attività investigative con sopralluoghi, consultazioni di banche dati e segnalazioni per operazioni sospette e analisi della documentazione bancaria, ha consentito di delineare un univoco quadro indiziario circa l’operatività artificiosa dell’azienda, la falsità dei crediti d’imposta generati e ceduti, la mancata esecuzione, in tutto o in parte, dei lavori dichiarati.

Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, lo schema fraudolento sarebbe stato sviluppato proprio avvalendosi della possibilità di fruire dell’agevolazione fiscale mediante il meccanismo dello sconto in fattura e della successiva cessione del credito ad istituti bancari o ad altri intermediari finanziari. La società avrebbe dapprima attestato l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione edilizia esterna, acquisiti mediante l’opzione dello “sconto in fattura”, figurando come fornitore di lavori che ha praticato gli sconti e, successivamente, avrebbe provveduto ad accettare le comunicazioni facendo transitare nel proprio cassetto fiscale i crediti di imposta maturati.

Le comunicazioni inserite nella piattaforma informatica sono state qualificate come documenti attestanti operazioni oggettivamente inesistenti e, al fine di rendere più difficoltosa la ricostruzione finanziaria e far disperdere il profitto del reato, i crediti di imposta sono stati ceduti a soggetti terzi (persone fisiche e giuridiche), i quali, a loro volta, li hanno incassati in denaro liquido presso gli intermediari finanziari interessati.

mercoledì, 23 Marzo 2022 - 12:29
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