Si spara davanti alla moglie, tragedia a Milazzo: morto agente della Penitenziaria. Rabbia dei sindacati: «Troppi casi»

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Aveva 55 anni l’agente di Polizia penitenziaria che questa mattina si è tolto la vita. G.A. era sposato (e non aveva figli) e si trovava in convalescenza a seguito delle ferite riportate per via dell’aggressione da parte di un detenuto nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina.

La notizia del suicidio è stata diffusa dal sindaco di polizia penitenziaria Sappe. L’uomo – spiega il sindacato – si sarebbe sparato davanti alla moglie con un’arma da fuoco: la tragedia si è consumata a Milazzo.

Donato Capace, segretario del Sappe, ricorda che «tre sono stati i suicidi nelle fila del Corpo da inizio anno, la media di uno al mese. Lo scorso anno 2021 furono 5, 6 nel 2020 ed erano stati 11 nel 2019. I numeri dei suicidi nelle file del corpo di polizia penitenziaria sono allarmanti. Dal 1997 ad oggi, i suicidi sono stati ben 168. Nonostante ciò, scarse o pressoché inesistenti sono state le iniziative poste in essere dal Dap e, a ricaduta, dalle singole Direzioni degli istituti e servizi penitenziari, che pure avrebbero potuto adottare iniziative autonome, per prevenire e fronteggiare queste situazioni di disagio, anche non direttamente connesse al servizio d’istituto».

C’è rabbia anche nelle parole del segretario generale della Fns Cisl, la Federazione nazionale della sicurezza della Cisl, Massimo Vespia: «Questo gesto estremo – sottolinea Vespia – se da un lato genera sentimenti contrastanti di sgomento, di dolore e di rabbia, dall’altro, deve portarci a riflettere e ad interrogarci seriamente sul perché ciò accada. Pensiamo che queste tragedie siano correlate anche allo stress da lavoro, alle condizioni ambientali, alla pesantezza dei turni, oltre, ovviamente, a motivi strettamente personali».

«Come Fns Cisl – continua – riteniamo che le condizioni di lavoro, lo stress psico-fisico cui la polizia penitenziaria è continuamente sottoposta rappresentino fattori importanti che minano le condizioni del personale. Ecco perché siamo sempre più convinti che questi luoghi di lavoro necessitino in modo particolare di punti di ascolto e di centri di supporto psicologico per prevenire, per quanto possibile, episodi limite come quelli che stiamo commentando e che avvengono con eccessiva frequenza sia in carcere che fuori. Purtroppo, ad oggi, gli sforzi profusi dal governo tramite apposite leggi relative al superamento del sovraffollamento e quindi alla realizzazione di migliori condizioni sia per il detenuto che per chi lavora negli istituti penitenziari, non hanno prodotto alcun significativo e sistemico risultato. Mancano ancora migliaia di unita’ di agenti di polizia penitenziaria. Non si registra, infatti, alcuna misura concreta di risoluzione degli innumerevoli problemi che attanagliano il pianeta carcere. Molte parole, pochi fatti». «Siamo di fronte ai soliti impegni senza sostanza operativa», conclude Vespia.

lunedì, 28 Marzo 2022 - 20:07
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