Morti di amianto all’Eternit di Bagnoli, verdetto amaro per pm e parti civili: fu omicidio colposo, condanna per un caso


Le morti per amianto all’ormai dismesso stabilimento Eternit di Bagnoli vanno inquadrate come omicidio colposo e non come omicidio volontario con dolo eventuale. E’ quanto hanno stabilito i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise di Napoli (presidente Concetta Cristiano) all’esito del processo sul decesso di otto persone, di cui sei operai dello stabilimento.

Unico imputato era l’imprenditore svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, proprietario di Eternit, che è stato riconosciuto colpevole ma, a seguito della derubricazione della grave contestazione, ha visto il quadro accusatorio affievolirsi. Schmidheiny è stato condannato a 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo in relazione ad un unico caso, la morte dell’operaio Antonio Balestrieri, deceduto il 21 ottobre del 2009 per mesotelioma pleurico. Disposta una provvisionale in favore degli eredi della vittima pari a 3300 euro.

L’imprenditore è stato condannato anche al risarcimento dei danni nei confronti della parti civili (tra le quali figurano anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri la Regione Campania e la Cgil nazionale e regionale).
Per altri sei casi, invece, è scattata la prescrizione: si tratta della morte di 5 operai e della moglie di un operaio che, secondo la procura, era entrato in contatto con le polveri killer lavando a casa la tuta di lavoro del marito.

Questi decessi si sono verificati tra il 2000 e il 2006: le vittime si chiamavano Salvatore De Simone, Gennaro Esposito, Angela Prisco, Antonio Rocco, Vincenzo Russo e Assunta Esposito. Infine la Corte ha disposto l’assoluzione per un settimo caso, la morte di Francesco Evangelista, avvenuta nel 2009: l’uomo non era un operaio dell’Eternit ma abitava nella zona dello stabilimento.

La sentenza è stata accolta al grido di «vergogna» dai familiari delle vittime. Amareggiato anche Ciro Balestrieri, figlio di Antonio: «La condanna a tre anni e sei mesi è ridicola ed è ancora più ridicolo il risarcimento: 3mila e 300 euro per la vita di mio padre», dice chiedendo aiuto al presidente Mattarella e al ministro Cartabia «per ottenere giustizia». L’associazione napoletana ‘MaiPiu’Amianto’ esprime delusione e rabbia, la Cgil – che stamane ha tenuto un presidio all’esterno del tribunale – assicura di voler essere al fianco delle famiglie delle vittime anche nel giudizio di appello.

Delusione anche da parte della procura che si era battuta per il reato di omicidio volontario con dolo eventuale: i pubblici ministeri Anna Frasca e Giuliana Giuliano avevano chiesto la condanna di Schmidheiny a 23 anni e 11 mesi di reclusione per tutti i casi oggetto di contestazione.

Secondo la procura l’imprenditore svizzero era consapevole dei rischi corsi dai propri operai ma non adottò le dovute misure di sicurezza in nome del profitto ed anzi mise in piedi un processo di disinformazione «…per rendere più difficile per le vittime la difesa». La procura adesso valuterà la strada dell’Appello. Presenteranno ricorso i legali di Schmidheiny, che comunque hanno già ottenuto un primo risultato processuale, ossia far cadere la pesante accusa mossa dalla procura.

mercoledì, 6 Aprile 2022 - 20:40
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