L’indagine sui Moccia che porta in Puglia. Un’intercettazione: «Ho visto un politico di Lecce. Ci prendiamo tutto il Salento»

intercettazioni
di Gianmaria Roberti

C’è una presunta Puglia Connection, nell’inchiesta sul clan Moccia, sfociata nell’esecuzione di 59 misure cautelari. Due politici pugliesi, entrambi del centrodestra, sono finiti ai domiciliari, nell’ambito del maxi blitz di mercoledì 20 aprile, eseguito dal Ros dei Carabinieri e dal Gico della Guardia di finanza.

Pasquale Finocchio, ex vice presidente del consiglio comunale di Bari, è accusato di traffico di influenze illecite. Per Andrea Guido – consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Lecce ed ex assessore all’ambiente – la Dda di Napoli ipotizza la corruzione. Tutte le contestazioni sono aggravate dall’agevolazione mafiosa. Gli inquirenti considerano Finocchio e Guido pedine nell risiko del clan, interessato al business degli oli esausti. Un affare che avrebbe portato i Moccia in Puglia, nuovo eldorado della cosca di Afragola. A Finocchio si contesta l’aiuto alla Soloil Italia, azienda per il recupero di olio esausto.

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La società è proprietà di Francesco Di Sarno, ritenuto affiliato al clan, destinatario di un ordine di carcerazione. La ditta è reputata il braccio economico dei Moccia in Puglia. Con l’ex consigliere barese, per fatti del 2017, sono indagati Giuseppe D’Elia (ai domiciliari) e Roberto Falco (a piede libero). Falco è il referente di Forza Nuova a Bari. La società barese Ladisa – ramo ristorazione e vincitrice di appalti presso amministrazioni pubbliche – stipulò nel giugno 2017 un contratto con Soloil Italia. Accordo sottoscritto – secondo la Dda -, grazie alla mediazione di Finocchio. Dopo tre mesi, tuttavia, l’azienda pugliese non rinnovò il rapporto commerciale.

Nei contatti con la Ladisa, gli indagati avrebbero fatto in modo che «i vertici della società non avessero il sospetto di essere di fronte a una proposta commerciale realizzata da una società riconducibile alla criminalità organizzata». Sentito dagli investigatori, nel 2018, l’imprenditore Vito Ladisa confermò di aver conosciuto Soloil tramite Finocchio. «Poiché – spiegò Ladisa, persona informata dei fatti – ci accorgemmo che la società (Soloil, ndr) aveva dei problemi organizzativi e come azienda avevamo l’intenzione di affidare il servizio di raccolta olio ad un’unica azienda per tutto il territorio nazionale, verificato che la Soloil non garantiva un livello di standard elevato secondo i nostri criteri, non superò il periodo di prova e scaduti i tre mesi comunicammo la cessazione del rapporto». Finocchio – nell’ordinanza cautelare del gip Maria Luisa Miranda – è definito «soggetto che in alcun modo si è fatto scrupolo di porre in essere condottte, oltre che “a favore di”, in danno di altri, ovvia conseguenza delle richieste finalizzate ad assicurare vantaggi al Di Sarno».

Il politico arrestato era consigliere in carica all’epoca dei fatti. Il gip di Napoli rileva «tutte le accortezze, che prendeva in occasione degli incontri, prima tra tutte quelle di assicurarsi di evitare intercettazioni delle conversazioni». E per quanto non ricopra, oggi, «cariche politiche», Finocchio «continua a gravitare nel medesimo contesto».

Nel motivare le esigenze cautelari, il giudice sottolinea: «Risulta aver percepito redditi dal Comune di Bari fino al 2019, alle ultime elezioni Amministrative per l’elezione del sindaco di Bari del 26 maggio 2019 si presentava nella lista del candidato del centro destra (estraneo ai fatti, ndr) poi perdente, risultando il primo dei non eletti». Ed alle ultime regionali, nel settembre 2020, «si candidava nella circoscrizione di Bari, raccogliendo nr.1413 preferenze, senza tuttavia essere eletto».

Il legale di Finocchio, Roberto Eustachio Sisto, dichiara all’Adnkronos: «Il mio assistito si professa estraneo alle ipotesi in contestazione e renderà puntuale interrogatorio, appena possibile, chiarendo tutti i fatti». Guido – sospeso da Fratelli d’Italia – è invece accusato di aver intascato un mazzetta, quando era assessore comunale. La somma contante sarebbe stata di 2.500 euro, anticipo di un totale concordato di 5.000 euro. A fornirla Francesco Di Sarno, tramite l’intermediazione di Mario Salierno (ai domiciliari) e Giuseppe D’Elia. L’obiettivo – stando agli investigatori – sarebbe stato il servizio di raccolta dell’olio esausto a Lecce, e negli altri comuni del Consorzio dell’Aro 1/LE. Il 17 maggio 2017 Di Sarno, accompagnato da D’Elia e da un altro soggetto, avrebbe incontrato Guido. A documentarlo un servizio di osservazione del Ros di Lecce.

«La settimana scorsa – afferma l’imprenditore in un’intercettazione – mi sono incontrato con uno che è forte nella politica di Lecce! Lecce proprio! È un assessore. È uno che mi fa prendere tutta Lecce… Gli esercenti e le colonnine! Penso che per la fine dell’anno ci prendiamo tutto il Salento!». Nonostante la sconfitta di Guido alle elezioni, nel giugno 2017, la seconda tranche sarebbe stata comunque erogata. A occuparsi della consegna sarebbero stati anche stavolta Salierno e D’Elia. I due, però, avrebbero trattenuto per sé, all’insaputa di Di Sarno, mille degli ulteriori 2.500 euro previsti. Soldi indicati nei colloqui come chili di mozzarelle. Al pari degli altri indagati, anche l’ex assessore di Lecce, oggi consigliere d’opposizione, potrà chiarire la propria posizione, durante l’interrogatorio di garanzia.

venerdì, 22 Aprile 2022 - 19:09
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