Torre Annunziata come Castellammare, amministrazioni sciolte per l’ombra della camorra. E sullo sfondo si muove la Dda

Il Comune di Torre Annunziata
di Gianmaria Roberti

Due città della provincia Sud di Napoli, 105mila abitanti in tutto, le ombre di clan storici sul Comune, un identico destino.

A distanza di due mesi, o poco più, Torre Annunziata segue Castellammare di Stabia, e l’amministrazione viene sciolta per camorra. È una salto all’indietro di 40 anni, una notte che non passa mai. Un oggi senza domani, abitato da politici eterni succubi dei boss. Il clan Gionta (Torre Annunziata), i D’Alessandro (Castellammare), le mani sugli appalti, le inchieste della magistratura.

Tutto già visto, come in un brutto copione. Per Torre Annunziata – la città degli intrecci politica-malavita raccontati da Giancarlo Siani – manca il sigillo finale, la firma del presidente della Repubblica, per perfezionare il commissariamento di almeno 18 mesi. Ma il consiglio dei ministri, il 5 maggio, ha deliberato lo scioglimento.

È la seconda volta, dopo il 1993. Il Comune oplontino, da metà marzo, era già retto dal commissario prefettizio Antonio D’Acunto. Un primo commissariamento, conseguenza di ragioni politiche: le dimissioni in massa dei consiglieri. Adesso ne arriva un secondo, per ragioni mafiose. E si riparte da zero, cancellando le previste elezioni del 12 giugno.

LA CRISI POLITICO-GIUDIZIARIA A TORRE ANNUNZIATA

Il Comune di Torre Annunziata è nella morsa di una crisi politico-giudiziaria. A febbraio scorso l’autoscioglimento, con le dimissioni del sindaco Ascione, e di quasi tutti i consiglieri. Una bufera aveva appena travolto il municipio, con un blitz della Squadra mobile. Gli uffici perquisiti dai poliziotti. L’irruzione svelava l’inchiesta della Dda di Napoli, nel mirino l’amministrazione di centrosinistra. Tra i reati ipotizzati il concorso esterno in associazione mafiosa – contestato al sindaco dimissionario -la corruzione, il traffico di influenze illecite. Dodici gli indagati, tra consiglieri, assessori, l’ex capo dell’Ufficio tecnico Nunzio Ariano. Lo stesso ex dirigente dell’Utc, in precedenza, arrestato in flagranza per una mazzetta, in un’inchiesta della Procura oplontina. Ariano è stato condannato a 6 anni, in primo grado. A Torre Annunziata, la Tangentopoli sembra il prologo dell’indagine per camorra.

Quando arriva l’ultima inchiesta, quella della Dda, il clima è già plumbeo. Le presunte collusioni col clan sono la spallata definitiva. Secondo l’iniziale quadro accusatorio, il clan Gionta sarebbe riuscito a condizionare l’attività amministrativa. A mettere bocca, cioè, «nelle vicende politiche e nella gestione del Comune di Torre Annunziata». Il pressing sarebbe stato esercitato da Salvatore Onda, netturbino applicato all’Arpac, referente locale della lista “De Luca Presidente”.

I pm lo indicano come «soggetto proposto al collegamento tra ambienti della criminalità organizzata locale, segnatamente al clan Gionta, ed amministratori pubblici, comunali e regionali, di cui appare in grado di determinare impropriamente ed illecitamente le scelte e le attività di rilevanza pubblica». Onda è nipote del boss ergastolano Umberto Onda, col quale dichiara di non aver rapporti da 20 anni. Sono mesi roventi, al Comune. Fino al verdetto di Palazzo Chigi, 3 giorni fa: scioglimento per infiltrazioni di camorra.

«È un grande problema quando un Comune viene sciolto perché – rileva il presidente della Camera, Roberto Fico – significa che in quel territorio le amministrazioni sono coinvolte in qualcosa che non funziona quindi ci vuole massima attenzione e i partiti tutti devono avere grande responsabilità nella formazione delle liste senza nessun dubbio perché l’etica è il discorso più importante che la politica deve fare oggi e l’etica è fondamentale per tutti noi, bisogna avere una tensione morale sempre alta». Anche il sindaco metropolitano, Gaetano Manfredi considera «necessario tenere l’asticella molto alta sui temi della legalità».

E ricorda:: «Purtroppo abbiamo un record di scioglimenti nei Comuni dell’area metropolitana e spesso anche ripetuti nel tempo». Impietoso il senatore Sandro Ruotolo: «Torre Annunziata è una città disperata, disorientata dove regna un clima di sfiducia verso le istituzioni percepite come un corpo estraneo».

IL PRECEDENTE A CASTELLAMMARE DI STABIA

Se a Torre Annunziata la burrasca colpisce il centrosinistra, a Castellammare è il centrodestra sotto accusa. A Palazzo Farnese si è insediata una commissione guidata dal prefetto Raffaele Cannizzaro. All’organo, tra l’altro, il delicato compito di gestire gli appalti del Pnrr. Ma le infiltrazioni, nella città delle terme, partirebbero da lontano.

«Le indagini ispettive hanno evidenziato, al riguardo – riporta il decreto di scioglimento -, l’interesse della criminalità organizzata per la tornata elettorale del 2018, ove è stato eletto l’attuale sindaco (Gaetano Cimmino, ndr), nel corso della quale uno degli altri candidati a sindaco in competizione ha denunciato diversi episodi di intimidazione da parte di soggetti controindicati, fatti che hanno avuto conferma nelle risultanze investigative tratte dall’operazione denominata ‘Domino 2’, nelle quali emerge il sostegno elettorale ottenuto da alcuni candidati facenti parte di una lista sostenitrice del sindaco risultato eletto». Sotto la lente della commissione d’accesso – al lavoro da maggio a novembre 2021 – pure «gli affidamenti diretti o fiduciari».

Procedure attuate «in violazione del ‘principio di rotazione’ – sostiene il Viminale-, evidenziando il sussistere di un’alternanza ‘sequenziale’ e cronologicamente ravvicinata degli affidamenti sempre agli stessi operatori economici, oltre ad inviti o assegnazioni dirette senza alcuna adeguata motivazione – e spesso in carenza della prescritta documentazione – ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali il codice degli appalti prescrive il divieto di invito o affidamento a causa della loro inaffidabilità». Al riguardo «vengono segnalati – aggiunge il documento – alcuni affidamenti diretti irregolarmente assegnati tra il 2018 e il 2020 allo stesso gruppo di imprese tutte riconducibili ad esponenti locali della criminalità organizzata».

Uno scenario di inquinamento pervasivo, descritto dalla relazione del prefetto. Quali esempi, la «presenza in seno al consiglio comunale di Castellammare di Stabia di amministratori gravati da pregiudizi di polizia, strettamente legati alle locali organizzazioni mafiose o riconducibili per legami familiari ad esponenti dei clan camorristici». In rilievo «la posizione di due assessori (…), che, come è emerso dalle analisi di mezzi tecnici di prova utilizzati nel corso delle indagini giudiziarie, hanno avuto stabili rapporti con quella parte dell’imprenditoria locale vicina alle consorterie criminali ed interessata all’acquisizione di pubbliche commesse». Un allarme attuale, non solo a Castellammare.

domenica, 8 Maggio 2022 - 13:52
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