Ex marito le diede fuoco, l’Appello non fa sconti: disposti 18 anni. Maria Antonietta: «E’ il minimo, ora deve farseli tutti»


La misura degli arresti domiciliari cui era sottoposto non funse da deterrente. Il 13 marzo del 2019 Ciro Russo evase dall’abitazione dei genitori a Ercolano, si mise alla guida dell’auto e si diresse spedito a Reggio Calabria laddove la sua ex moglie s’era trasferita, laddove le sue figlie andavano a scuola.

Ed è proprio nei pressi della scuola di una delle ragazze, che Ciro Russo rintracciò Maria Antonietta Rositani, che era alla guida di una vettura, e la aggredì nel tentativo di ucciderla. Russo speronò l’auto della donna, poi quando Maria Antonietta fermò la corsa, con una mossa fulminea si avvicinò al finestrino (semi aperto) dal lato del conducente e versò benzina addosso alla donna dandole fuoco.

Maria Antonietta Rositani
Maria Antonietta Rositani

Una sequenza dell’orrore, ripresa da alcune telecamere di video-sorveglianza. Per via di quella brutale aggressione Ciro Russo si è visto confermare la sentenza di condanna emessa in primo grado nel luglio del 2020, e ha ottenuto anche la continuazione con una condanna per maltrattamenti nei confronti della moglie che aveva rimediata in passato. Con la continuazione, la pena finale comminata dalla Corte è stata di 18 anni e 8 mesi (per il solo tentato omicidio aveva rimediato 18 anni).

Il processo di primo grado si definì con la modalità del rito abbreviato, formula che prevede lo sconto di un terzo della pena. In sentenza il gip del Tribunale di Reggio Calabria Valerio Trovato scrisse che l’imputato aveva pianificato «nel dettaglio il progetto criminoso». Durante il viaggio da Ercolano a Reggio Calabria, «avrebbe potuto recedere dalla volontà di portare a compimento il piano. Invece, giunto in città ha contattato la moglie per verificare che fosse in casa, si è posto al suo inseguimento e, dopo averla trovata, ha realizzato la sua vendetta». Una tesi sostenuta anche dalla Procura generale e dall’avvocato Alessandro Elia, che assiste Antonietta Rositani costituita parte civile.

La donna è viva per miracolo e anche grazie alla sua prontezza. Quel 13 marzo, mentre la sua pelle bruciava, uscì dall’auto avvolta dalle fiamme e si gettò in una pozzanghera mentre il suo ex marito le gridava “devi morire”.

Maria Antonietta Rositani riportò gravissime ustioni che le ricoprivano il 50% del corpo ed è uscita dal Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria solo dopo 20 mesi e dopo avere subito decine di interventi chirurgici.

Dal giorno dell’aggressione Maria Antonietta non ha mai smesso di battersi per sensibilizzare l’opinione pubblica e lanciare un messaggio ad altre donne vittime di violenza. Messaggio che è riecheggiato anche oggi, all’esito della lettura della sentenza: «Donne non arrivate a questo punto. Non è una vittoria 18 anni di carcere. Non è bello sentirselo dire dopo che hai avuto dei figli dall’uomo che amavi. Mi auguro che voi abbiate la forza di denunciare per non arrivare a fare passare a tutti quello che sto passando io. Diciotto anni di carcere sono la pena minima dopo quello che ha fatto a me e a tutta la mia famiglia. Mi auguro che se li faccia tutti». «Ho sempre avuto fiducia nella giustizia italiana – ha detto il padre di Maria Antonietta, Carlo Rositani -. Nonostante quello che abbiamo passato in questi tre anni continuiamo ad avere fiducia nella giustizia italiana. La giustizia era che Ciro Russo ha sbagliato, è colpevole e ha tentato di uccidere mia figlia, la mamma dei suoi due figli. Ciro Russo deve purtroppo pagare. Dico purtroppo perché sono un papà che non avrebbe mai voluto che a sua figlia succedesse qualcosa del genere».

martedì, 17 Maggio 2022 - 22:21
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