Napoli, lo stadio Collana torna nelle mani della Regione. Il Tar estromette la Giano: «Violata la disciplina in materia di appalti»

di Gianmaria Roberti

Tormentone Stadio Collana: il Tar respinge il ricorso della concessionaria Giano, e restituisce l’impianto alla Regione Campania. Adesso alla società – un tempo nelle mani degli ex calciatori Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro – resta solo la strada del Consiglio di Stato. Giano ricorreva contro l’atto di decadenza della concessione, firmato un anno fa dal commissario ad acta regionale, Pasquale Manduca.

L’impianto napoletano del Vomero, per anni, è stato al centro di controversie legali, relative all’affidamento in gestione. E prima del restyling, effettuato con fondi per le Universiadi 2019, ha vissuto lunghi periodi di chiusura. «Il Tar ha rilevato che – afferma una nota di Palazzo Santa Lucia – la società ricorrente ha violato la disciplina in materia di appalti disponendo l’affidamento diretto di lavori, senza il previo espletamento di una gara pubblica, per un importo di 6 milioni, a società collegata ad uno dei soci della stessa Giano, peraltro sprovvista delle certificazioni SOA e dei requisiti tecnici-organizzativi ed economico-finanziari previsti dalla legge. Tale modus operandi è stato ritenuto dal TAR anche elusivo del divieto, vigente per le società senza scopo di lucro (quali sono le società sportive dilettantistiche), di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione».

Infine, il tribunale amministrativo «ha rilevato la correttezza del provvedimento di decadenza anche nella parte in cui ha ritenuto che l’attribuzione della maggioranza assoluta (oltre il 90%) della società Giano al socio imprenditore ha sostanzialmente modificato la natura della concessionaria, nella quale la componente sportiva è diventata del tutto marginale».

La Regione annuncia che, nella gestione del Collana, subentrerà l’Agenzia regionale per lo sport. Ma non tutte le preoccupazioni sembrano finite. Ora ci si interroga sulla sostenibilità dei costi. Il Collana è uno stadio polifunzionale, serve una platea di migliaia di atleti, in una città storicamente carente di impianti sportivi. La manutenzione si presenta comunque onerosa.

«Finalmente – commenta la consigliera regionale Maria Muscarà (Gruppo Misto) – dopo cinque anni di malagestione e di contrasti che si sono consumati tra Tar e consiglio di Stato, mettiamo un punto definitivo a questa triste vicenda. La Giano deve lasciare lo stadio e le inadempienze sono tali da non consentire altri indugi. Il Collana deve tornare di proprietà di quelle migliaia di sportivi, scuole, associazioni che hanno praticato negli anni sport agonistico ad altissimi livelli, riportando anche numerose vittorie».

Muscarà, negli anni scorsi, ha depositato alcune interrogazioni sulla vertenza Collana. Negli ultimi giorni ha denunciato, con tanto di foto, la presenza di uno scooter sulla pista di atletica, rifatta per le Universiadi. «La Regione – auspica la consigliera – ha adesso l’obbligo di affidare lo stadio, non più a quelle società nate all’ultimo momento proprio per gestire questi spazi per interessi privati, bensì, grazie a quest’ultima sentenza del Tar, a chi ha dato prova di passione verso lo sport e verso lo stadio più importante della città, che è una ricchezza da non lasciare più in mani incapaci. Intervenga il Coni e si ricompattino le forze sane dello sport napoletano».

LA SENTENZA DEL TAR SUL RICORSO DELLA GIANO

La sentenza della settima sezione del Tar Campania ricostruisce le vicende dello stadio nell’ultimo lustro. La Convenzione per l’affidamento in gestione, stipulata nel luglio 2018, prevedeva una durata di quindici anni. Il canone annuale era di 121.000 per i primi otto anni, incrementati di 50.000 euro per quelli successivi. Tra le cause di decadenza dalla concessione: la mancata realizzazione degli interventi di messa in sicurezza degli impianti, di risanamento e ristrutturazione del complesso immobiliare; l’arbitrario abbandono delle strutture; l’alterazione o modificazione non autorizzate della destinazione d’uso; la mancata diligente effettuazione delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria; il mancato perseguimento delle finalità proprie degli impianti sportivi; la frode e i danni da dolo o colpa grave alla Regione o ai fruitori dell’impianto; il mutamento della natura giuridica del concessionario o dei principi cui è ispirato l’atto costitutivo.

Proprio l’ultimo punto, sinora, ha giocato un ruolo decisivo nel braccio di ferro legale. La Regione, infatti, sottolinea un aspetto: la concessione era riservata a società sportive dilettantistiche, senza scopi lucrativi. Con atto aggiuntivo dell’11 gennaio 2019, inoltre, i contraenti hanno rideterminato alcune parti della convenzione. Si tratta degl interventi di riqualificazione a carico della Giano; delle opere da realizzarsi da parte della Regione, tramite l’ARU; il costo complessivo massimo dell’intervento a carico della Giano; il cronoprogramma degli interventi. Hanno concordato che «i mancati ricavi [derivanti dalle modifiche apportate al progetto sarebbero stati] recuperati sui canoni annuali come da offerta economica di gara. Pertanto i canoni per i primi 15 anni [sarebbero stati] interamente compensati. La parte eccedente [sarebbe stata] oggetto di ulteriore valutazione entro il termine del contratto di concessione».

All’atto aggiuntivo si è pervenuti quando «all’esito dei sopralluoghi si è constatato che l’attuale stato dei luoghi è necessariamente mutato rispetto a quello esistente alla data di pubblicazione del bando e pertanto risulta necessario rivisitare l’originaria progettazione e procedere al conseguente riequilibrio del PEF (piano economico finanziario, ndr)». Cosa accade dopo l’ingresso della Giano? Tra la Regione e il concessionario sorgono frizioni. Tanto che il governatore De Luca nomina un commissario ad acta. Manduca – con decreto del 14 maggio 2021 – dichiara la decadenza di Giano dalla concessione. Alla società si contesta una serie di violazioni.

«Mutamento della compagine societaria – si legge nel decreto -, violazione dell’obbligo d’indizione di procedura a evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori di rifunzionalizzazione del complesso sportivo, affidamento dei lavori a operatore economico sprovvisto delle certificazioni SOA (attestazione del possesso dei requisiti sanciti dalla normativa dei Contratti Pubblici di lavori, ndr) e dei requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari, violazione degli obblighi in materia di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla legge n.136 del 2010, violazione degli obblighi in tema di determinazione delle tariffe all’utenza».

Manduca – non smentito dall’azienda, secondo il Tar – accusa : «Risulta appurato che il concessionario ha affidato lavori alla Pagliara Costruzioni per l’importo di euro 6 milioni senza alcuna gara e senza neppure l’esperimento di un procedimento ispirato ai meri principi euro unitari». Regione e commissario, tra l’altro, contestano alla Giano «la circostanza che l’operazione di acquisizione della maggioranza assoluta delle quote di proprietà della società da parte di P. P. e l’affidamento diretto dei lavori all’impresa del socio di maggioranza ha sostanzialmente modificato la natura della concessionaria, per essere la stessa venuta meno ai principi che la connotavano».

Il 25 settembre 2018 – a due mesi dalla firma sul contratto di concessione – c’è infatti una svolta societaria. «La componente sportiva della stessa – evidenzia il decreto commissariale – passava dall’80% (40% in quota allo sportivo Ferrara Ciro; 40 % in quota allo sportivo Cannavaro Fabio) al 5% (in quota Cannavaro), quella di P. P. dal 20% al 90% e il restante 5% in capo al subentrante M. S., al quale, tra l’altro, è stata successivamente affidata la conduzione dei lavori di manutenzione straordinaria del complesso sportivo».

Questo, per la Regione, rivelerebbe «che gli scopi del concessionario sono divenuti essenzialmente di tipo lucrativo e pertanto incompatibili con il profilo soggettivo richiesto in sede di gara, come espressamente richiamato all’art. 4 dell’avviso pubblico». Per il Tar, «in effetti, l’affidamento diretto, in data 28 febbraio 2019, alla Pagliara Costruzioni Generali s.r.l. dell’appalto dei lavori di rifunzionalizzazione dell’impianto (…), in violazione (…) della normativa sull’evidenza pubblica, presenta profili di elusività rispetto al divieto, vigente per le società senza scopo di lucro (quali sono le società sportive dilettantistiche) di distribuire “anche in modo indiretto” utili e avanzi di gestione». Notificando la cessazione del rapporto, la Regione intima alla Giano il rilascio della struttura sportiva. La società non ci sta, e impugna l’atto. Ma il Tar, con sentenza pubblicata oggi, dichiara infondato il ricorso.

lunedì, 23 Maggio 2022 - 21:59
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