Referendum, le proposte dopo il flop. Magi e Segni: «Rivedere il quorum, se no è morto». Bassu: «Strumento dei partiti»


C’è chi suggerisce di rivedere lo strumento del ‘quorum’ abbassando la soglia di ammissibilità dei quesiti. C’è chi accusa Matteo Salvini di non avere lottato abbastanza, anzi di essersi ritratto, dopo avere lanciato la ‘sfida’. E chi, ancora, accusa pezzi di politica di strumentalizzare il Referendum a fini politici. Infine, c’è pure chi chiede di riflettere sull’utilità o meno dei referendum.

La lettura, oggi dei quotidiani, restituisce un ampio campionario di interventi, che offrono diversi punti di vista sulla debacle del Referendum Giustizia.

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Il parlamentare di +Europa Riccardo Magi, intervistato da Repubblica, sollecita di «modificare il quorum, se no i Referendum continueranno a fallire, perché vincer sempre il partito del non voto».
«Dal 1995 a oggi, quindi negli ultimi trent’anni, nessun Referendum – ha ricordato – ha raggiunto il quorum, eccetto nel 2011 quelli trainati dai quesiti su nucleare e acqua». A giudizio di Magi «una soluzione potrebbe essere quella di legare la validità del Referendum al 25 per cento dei favorevoli, cioè dei Sì all’abrogazione: in questo modo anche chi è per il No, sarebbe incentivato a recarsi a votare». «Poi – ha detto ancora il deputato di +Europa – c’è il ruolo della Consulta. La Corte costituzionale ha impedito di votare tre Referendum: su cannabis, eutanasia (i soli convocati grazie alla raccolta di firme dei cittadini) e responsabilità diretta dei magistrati. Se ammessi, sarebbe stata tutt’altra cosa, trattandosi di argomenti molto sentiti. Allora sì che il quorum sarebbe stato raggiunto. Qui c’è l’altro punto: vanno ridefiniti i poteri della Corte costituzionale nel giudizio di ammissibilità, perché – ha concluso Magi – sono ormai andati oltre la lettera della Carta».

Sulla stessa linea di Magi è Mario Segni. Intervistato da ‘La Stampa’, Segni sostiene che «se non si riforma il quorum, lo strumento referendario è praticamente morto. Lo dimostra il fatto che l’affluenza per il referendum è stata bassa anche nei comuni dove si votava per il sindaco, mentre il voto per le amministrative ha tenuto. E’ proprio il referendum che non ha attratto». E ancora: «Certamente i quesiti erano ostici, ma la campagna e’ stata fiacchissima, oscurata anche da un evento drammatico come la guerra in Ucraina. Detto questo, bisogna avere il coraggio di ammettere che un altro tassello del nostro sistema costituzionale è saltato, credo definitivamente. Il quorum ormai è impossibile da raggiungere, con un’affluenza che anche alle elezioni è calata del 30-40% rispetto al ’48. E’ un altro tassello di un grande castello costituzionale che è invecchiato».

Il costituzionalista Michele Ainis, al Gr1, si chiede invece se sia utile ancora oggi ricorrere al Referendum. Una riflessione che parte proprio da un punto toccato da Magi, ossia il mancato raggiungimento del quorum nella maggior parte dei referendum indetti dal 1997: «Dal 1997 in poi su 34 referendum il quorum è stato raggiunto solo in 4 casi. Questo è un problema anche per la democrazia italiana, nel momento in cui c’è una crisi che dura da decenni ma che l’emergenza ha aggravato e colpisce il Parlamento, bisogna incominciare interrogarsi sull’utilità di una riforma del Referendum».

Carla Bassu, costituzionalista e ordinaria di diritto pubblico comparato all’università di Sassari, in un’intervista a QN, dice che il referendum «un senso lo ha certamente ancora, ma è il contesto politico che gli sta intorno che lo rende strumento nelle mani dei partiti e non nelle mani dei cittadini, come invece vorrebbe la Costituzione». «Oggi il Referendum è uno strumento in mano ai partiti che si servono del Referendum per influenzare non solo il dibattito politico, ma anche la propria linea politica nei confronti dell’elettorato. Propaganda», aggiunge la costituzionalista. Per Bassu non c’è un tema di quorum «è semmai, una questione di disaffezione dei cittadini verso certi argomenti, come questi sulla giustizia, che dovrebbero essere affrontati dal Parlamento, e che invece sono portati fuori – conclude – e questo non significa che lo strumento del Referendum sia desueto, significa che c’è una forte crisi del sistema politico e parlamentare che provoca queste storture. La crisi di sistema e di forma di governo genera questi fallimenti di democrazia».

lunedì, 13 Giugno 2022 - 10:02
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