Nuovo Csm, Cartabia presenta i collegi e il plenum dà l’ok a maggioranza (ma col naso turato). Di Matteo: «Csm mortificato»

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La sede del Csm

Avanti spediti verso le elezioni del Consiglio superiore della magistratura (previste per settembre) con il nuovo sistema varato dalla riforma Cartabia. Martedì 21 giugno il Guardasigilli ha definito i confini territoriali dei collegi per le elezioni e ieri ha incassato il ‘sì’ del plenum del Csm cui è spettato il parere (non vincolante per il ministro) sul testo.

Ecco i collegi in base allo schema Cartabia
Le novità riguardano i due collegi che eleggeranno i 5 pm e i quattro che indicheranno i 13 giudici. Lo schema di decreto di Cartabia disegna due collegi per i pm ciascuno con oltre 4500 elettori. Il primo include i distretti di Brescia, Firenze, Genova, Milano, Perugia, Roma, Torino, Trento, Trieste e Venezia; il secondo quelli di Ancona, Bari, Bologna, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, L’Aquila, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Salerno. Per quanto riguarda i collegi dei giudici, hanno ciascuno una media di poco più di 2mila elettori. Il primo include i distretti di Brescia, Milano, Torino, Trento, Trieste, Venezia. Il secondo quelli di Firenze, Genova, Perugia e Roma. Il terzo accorpa i distretti di Ancona, Bologna, Cagliari, Campobasso, L’Aquila, Napoli e Salerno e l’ultimo quelli di Bari, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Lecce, Messina, Palermo, Potenza e Reggio Calabria.

Il voto a favore della Commissione
Il plenum ha votato a maggioranza il parere, dopo che alcuni consiglieri hanno espresso le loro perplessità ma si sono allineati per senso istituzionale: 21 i voti favorevoli, 3 i contrari (i togati Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo e il laico della Lega Stefano Cavanna) e un astenuto, il laico M5s Fulvio Gigliotti. Per la maggioranza dei consiglieri la nuova configurazione «rispetta i criteri della tendenziale equivalenza del numero di elettori e della continuità territoriale dei distretti accorpati».

Le voci di dissenso
Non la pensa così Nino Di Matteo: «Non intendo avallare la mortificazione del Csm», ha detto motivando il suo voto ‘no’. Più duro Sebastiano Ardita, che esprime la «totale contrarietà a un meccanismo elettorale dannoso per l’ indipendenza interna dei magistrati».

Le critiche maggiori le ha catalizzate la stessa scelta contenuta nella riforma del Csm di attribuire al ministro della Giustizia la definizione dei collegi elettorali. «I collegi per la prima volta sono decisi dal Governo e non dal Parlamento, non approverò il parere in segno di protesta», annuncia prima del voto Cavanna. «In questo parere avremmo potuto approfondire i profili di lesione del principio di autonomia della magistratura», si rammarica il laico M5s Alberto Maria Benedetti, che sottolinea l’assenza di «ragioni costituzionali» per attribuire al ministro «una scelta cosi impattante sul voto democratico dei magistrati», ma poi vota a favore per senso istituzionale. Vota a favore, ma col naso turato, anche il consigliere togato di Magistratura indipendente Antonio D’Amato che parla di «vulnus al principio di autonomi e indipendenza della magistratura». Voto a favore anche per Giuseppe Cascini, di Area, che ha però espresso forti perplessità e l’auspicio di correttivi futuri: «Credo che la scelta della ministra di privilegiare, tra i criteri indicati dal legislatore, quello della equivalenza numerica degli elettori dei vari collegi, sacrificando, nella sostanza, seppur non nella forma, il criterio della continuità territoriale, presenti non poche criticità», ha spiegato.
Un’altra riserva riguarda il fatto che i collegi si conoscano a pochi mesi dal voto: così si favoriranno «i candidati già blindati» di alcune correnti, avverte il togato Giovanni Zaccaro.

giovedì, 23 Giugno 2022 - 07:30
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