Uccide la compagna a colpi di mattarello e risparmia il figlio di 6 mesi, poi apre la porta ai vicini sporco di sangue

Panchina rossa violenza sulle donne
La panchina rossa simbolo della lotta alla violenza contro le donne (foto Kontrolab)

Prima una lite violenta, che ha richiamato l’attenzione dei vicini. Poi l’aggressione fisica, a colpi di mattarello, e l’omicidio. A Rimini Simone Benedetto Vultaggio, di 47 anni, ha ucciso la compagna Cristina Peroni, di 33 anni e originaria di Roma, dinanzi al bambino di appena sei mesi.

Poco dopo avere massacrato la compagna, l’uomo è andato ad aprire la porta: i vicini, sentite le urla della donna, hanno chiamato le forze dell’ordine e nell’attesa hanno bussato con insistenza per verificare cosa stesse accadendo. Vultaggio ha aperto ricoperto dal sangue della compagna appena uccisa: «Il bambino sta bene – ha detto -, ma ora lei non potrà più parlagli male di me».

Poi è rientrato richiudendosi la porta alle spalle. E in casa è stato trovato dalla polizia: il 47enne era seduto nella sala da pranzo, mentre la donna era in camera da letto riversa a terra in una pozza di sangue e avvolta in un lenzuolo bianco. Il bimbo si trovava in sala da pranzo e secondo gli inquirenti non avrebbe mai corso alcun rischio. Affidato alle cure della nonna paterna, è stato visitato e non presenta segni di traumi. Solo una traccia di sangue sulla maglietta, probabile macchia da contatto col padre che dopo aver ucciso la compagna l’ha toccato o preso in braccio.
Durante l’interrogatorio davanti al magistrato, Luca Bertuzzi, e all’avvocato d’ufficio, Alessandro Buzzoni, non ha risposto.

La coppia si era conosciuta durante il lockdown su internet un anno e mezzo fa ed era andata a convivere. Poi è arrivato il figlio e sono iniziati anche i problemi. «Mio figlio era arrivato al punto di dover chiedere il permesso di prendere in braccio il bambino – ha raccontato tra le lacrime Enzo, genitore di Simone Vultaggio – lei poi era già andata via una volta di casa, e il bimbo lo vedeva solo nel fine settimana. E’ un gran lavoratore mio figlio ma negli ultimi tempi era nervoso, ma aveva iniziato a chiedere aiuto andando da uno psicologo».

Un paio di mesi fa aveva iniziato un percorso seguito dal servizio di igiene mentale dell’Ausl di Rimini. Cristina era tornata a Rimini da una settimana, ma – come aveva raccontato ad amici – si sentiva comunque pronta ad un distacco definitivo. Anche lui temendo di perdere tutto si era già rivolto ad un avvocato per capire quali fossero i suoi diritti di padre nei confronti della creatura tanto voluta.

sabato, 25 Giugno 2022 - 23:43
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