Niente conferenze stampa. Almeno per ora. Area, la corrente di sinistra delle toghe, ha affidato al suo sito Internet il programma per le elezioni del Csm 2022, limitandosi a inviare ai giornali l’elenco secco dei suoi candidati divisi per collegio. Una scelta ‘pubblicitaria’ diametralmente opposta a quella intrapresa dalla sua ex metà, Magistratura democratica, che invece ha preferito puntare sulla massima esposizione esterna per rendere noti candidati e programma.
Tant’è, sul sito Area organizza in 9 punti il manifesto elettorale. I temi sono sostanzialmente gli stessi di cui, all’indomani dello scandalo Palamara, parlano tutti i magistrati: vigilare sulla riforma ordinamentale per «cercare di arginare possibili interpretazioni deteriori» e «contrastare gli effetti più negativi della riforma, stemperando le disposizioni eccentriche rispetto all’assetto costituzionale»; contrastare la «verticalizzazione degli uffici giudiziari, specie di quelli requirenti» e «vigilare perché le possibilità di interlocuzione del Ministro della Giustizia siano limitate alle sole parti di competenza del Ministero (distribuzione beni e risorse) e non invadano invece la sfera dell’autogoverno»; «intervenire nuovamente sul tema della dirigenza, rendendola maggiormente partecipata ed effettivamente temporanea», magari riprendendo «il progetto di trasformare l’incarico semidirettivo in una figura a nomina maggiormente ‘partecipata’»; vigilare sui nuovi criteri alla base delle valutazioni di professionalità e «presupposti dell’esercizio del diritto di voto degli avvocati e sulle osservazioni formulate dai COA»; salvaguardare «la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e valorizzato l’Ufficio del Massimario»; «recuperare la capacità di colmare il solco fra il lavoro quotidiano degli uffici e il Consiglio, tutelando l’immagine della magistratura nel suo complesso, anche promuovendo azioni proattive per recuperarla, senza delegarne il tratteggio sempre e solo alla stampa».
I magistrati in campo, scelti con lo strumento delle primarie (quello tanto contestato da Md nella conferenza stampa con parole anche molto aspre), sono 9 e coprono tutte le caselle a disposizione: giudicanti, requirenti (pm) e legittimità.
Per i rappresentanti dei pm, Area punta su Mario Palazzi (nel collegio 1) e su Maurizio Carbone (nel collegio 2). Cinquantacinque anni, Palazzi (nella foto) è pm a Roma e, tra le altre, ha gestito l’inchiesta Consip ereditata dalla procura di Napoli ed in particolare dal collega Henry John Woodcock. Proprio Palazzi, insieme all’aggiunto Ielo, iscrisse Woodcock nel registro degli indagati per rivelazione di segreto d’ufficio accusandolo di una fuga di notizie in favore de ‘Il Fatto Quotidiano’. Ironia della sorte vuole che adesso per il Csm tra i candidati ci sarà anche Henry John Woodcock, che è sceso nella mischia da indipendente. Palazzi, nella sua presentazione, pone l’accento su due aspetti: «l’idea di una “magistratura orizzontale” si declina attraverso l’impegno ed il contributo di tutti, non solo degli apicali»; «ho sempre dedicato tempo ed energie alla formazione, come discente e docente, così come ai giovani magistrati, ritenendo l’attività di magistrato affidatario o coordinatore non solo un “dovere” a favore delle nuove generazioni ma una occasione di continua crescita».
Maurizio Carbone, nato e vissuto a Napoli per circa 30 anni, ha legato la sua carriera lavorativa alla prima di Taranto dove è procuratore aggiunto dal novembre del 2017. L’impegno associativo di Carbone è stato molto intenso e ha scandito buona parte della sua storia di magistrato: è stato anche segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati. Carbone guarda a queste elezioni come un momento centrale per segnare uno spartiacque tra ciò che ha rappresentato lo scandalo Palamara e ciò che la magistratura deve tornare a essere, e punta l’indice in modo netto contro la riforma Cartabia nella parte in cui «delinea un modello di magistrato burocrate, timoroso che tende ad uniformarsi agli indirizzi giurisprudenziali prevalenti, piuttosto che concorrere alla evoluzione del diritto vivente». «Il prossimo CSM – dice – sarà il primo dopo la vicenda dell’hotel Champagne e la riforma Cartabia. Gli eletti avranno il compito di restituire piena autorevolezza al sistema di autogoverno, quale massima garanzia per la tutela della autonomia e indipendenza della Magistratura, nell’interesse di tutti i cittadini. Tale obiettivo andrà perseguito assicurando la massima trasparenza e una maggiore tempestività nella trattazione delle pratiche». Sulla figura del ‘magistrato burocrate’, Carbone osserva: «Sarà compito del prossimo CSM opporsi a questo modello e valorizzare la professionalità e la passione dei tanti magistrati italiani, respingendo il rischio di un approccio burocratico nell’esercizio di una giurisdizione sempre più schiacciata dai numeri e dal timore di sanzioni disciplinari, comunicando fiducia ai colleghi più giovani».
Per i giudici, nel collegio 1 saranno impegnati Mariafrancesca Abenavoli e Beatrice Secchi. Oirigini meridionali (è datata a Reggio Calabria), Abenavoli (nella foto) ha lavorato prima a Vigevano e poi a Torino. Dal 2017 ha aderito ad Area. Sogna una «magistratura che svolga con entusiasmo il proprio lavoro, attenta ad una crescita professionale che non tralasci la disponibilità a mettersi in discussione, autorevole e perciò legittimata a reclamare i necessari strumenti di lavoro ed il rispetto della propria indipendenza ed autonomia per una giurisdizione più umana e giusta».
Beatrice Sechi, invece, rimarca la necessità di lavorare per consentire alla magistratura di recuperare «credibilità ed efficienza», avvertendo i colleghi che ciò sarà possibile solo se sarà «garantita l’indipendenza della nostra funzione e, attraverso una organizzazione efficace, tutelati i diritti delle persone». Di qui la necessità, per Sechi, di prestare «massima attenzione alla fase attuativa delle riforme approvate, vigilando attentamente sulla fase di stesura dei decreti delegati e nel conseguente adeguamento delle circolari consiliari al fine di arginare i tentativi di burocratizzazione e gerarchizzazione della nostra funzione». In magistratura dal 1991, Sechi ha sempre svolto le funzioni come giudice presso il Tribunale di Milano, occupandosi per oltre 25 anni del settore penale.
Due i candidati anche per il collegio 2: Marcello Basilico e Emilia Conforti. Personalità versatile, Basilico è attualmente presidente della sezione lavoro del tribunale di Genova ma in passato ha svolto anche funzioni requirenti. Prima ancora, prima cioè di entrare in magistratura, Basilico era giornalista professionista, professione che in qualche modo gli è rimasta nel sangue: dal 2016 è il direttore responsabile di Giustizia Insieme. Anche lui vanta un’intesa partecipazione alla vita associativa, in particolare nell’Associazione nazionale magistratura. Al centro del suo programma: «tutela degli spazi di discrezionalità del CSM per recuperarne l’autorevolezza; difesa dello statuto costituzionale della magistratura anche nell’attuare le riforme; rivalutazione della qualità del lavoro e del servizio giurisdizionale; attenzione per i bisogni dei territori e per il benessere lavorativo dei magistrati; collegamento stabile tra CSM, Ministero della giustizia e Scuola superiore; celerità, trasparenza e verificabilità dell’attività consiliare».
Lavora a Roma, come giudice del dibattimento, Emilia Conforti, che è stata anche presidente della sezione di Roma dell’Anm. La sua candidatura, spiega, «nasce dalla profonda consapevolezza che in questo particolare momento storico sia indispensabile contribuire a rilanciare, a partire dal sistema dell’autogoverno, la funzione sociale della giurisdizione e di un CSM che la tuteli, anche rispetto a crescenti sentimenti di delegittimazione che, ove provenienti da fronti interni, tendono ad imporre una visione burocratica della magistratura e corporativa della vita associativa annichilendo anche l’entusiasmo della magistratura più giovane, vero e proprio valore da preservare». «Il Csm – conclude – deve rimanere il presidio della indipendenza dei magistrati resistendo sia alle pressioni gerarchiche provenienti dall’interno ed amplificate dalle recenti modifiche normative ed ordinamentali, sia alle crescenti e ripetute campagne di delegittimazione».
Il peso della sfida nel collegio 3, invece, ricadrà sulle spalle di un solo candidato, il giudice Tullio Morello, che ha legato la sua carriera lavorativa a Napoli e a Torre Annunziata, territori ad altissima densità criminale. Rispettato anche negli ambienti dell’avvocatura per le sue doti umani e per il profondo rispetto che nutre per tutte le parti processuali. «Mi sono occupato di procedimenti della più varia natura, tantissimi dei quali contro la criminalità organizzata, ma non ho mai dimenticato che in ogni fascicolo noi trattiamo dolorose vicende umane che meritano il massimo rispetto e la massima serenità sia nelle udienze che nel giudizio, per consentire a tutti di svolgere al meglio la propria parte e al giudice di prendere la decisione più corretta», dice il giudice di se stesso. Morello ha attivamente partecipato all’associazionismo. E’ stato uno dei fondatori di Articolo 3 (ora Mov3) e poi di Area nell’intento anche di unire la magistratura progressista, ed ha avuto anche ruoli di primo piano nell’Anm: è stato presidente della Sottosezione di Torre Annunziata per 4 anni; è stato componente Presidente e Segretario dell’Anm napoletana per 6 anni; è stato Consigliere Giudiziario per Area per 4 anni.
Sarà, infine, Genantonio Chiarelli a giocarsela nel collegio 4. E per lui è una sfida a 360 gradi. Il magistrato, originario di Martina Franca, si è lanciato nell’associazionismo solo da qualche anno: «Un’avventura iniziata appena due mesi fa, con qualche amico che lancia il tuo nome, con le tue perplessità, e poi le assemblee distrettuali, le riunioni su teams, la gioia di tanti nel partecipare, le primarie. Tutto in un baleno. Ed eccomi candidato». La sua vita lavorativa lo ha visto esclusivamente impegnato nella giurisdizione. Una nota che racconta molto del modo di intendere la magistratura di Chiarelli: «Personali convinzioni e momento storico – dice – mi hanno indotto a non proporre domande per alcun posto semidirettivo, fornendo solo il mio impegno quale componente del Consiglio Giudiziario nella passata consiliatura».
Chiude la rosa dei candidati il giudice di Cassazione Antonello Cosentino che corre nell’unico collegio per i giudici di legittimità. In magistratura dal 1986, Cosentino fa parte della seconda sezione civile della Corte Suprema e delle Sezioni Unite Civili. Con la figura di Cosentino, Area spera di rosicchiare voti a Magistratura democratica (che ha candidato nel collegio Raffaello Magi) dopo la fine del ‘matrimonio’: Cosentino, precisa lui nella breve scheda di presentazione pubblicata sul sito di Area, è iscritto fin dal 1986 a Magistratura democratica e ha partecipato attivamente alla costruzione di Area Dg. «Le divergenze che attualmente dividono questi gruppi non possono far velo sul fatto che entrambi condividono una visione della giurisdizione quale presidio ultimo del principio di eguaglianza fissato dall’articolo 3 Cost. – spiega Cosentino – Questa visione vorrei portare nel CSM, nella convinzione che l’Organo di autogoverno deve garantire l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati per tutelare libertà ed eguaglianza dei cittadini».
mercoledì, 20 Luglio 2022 - 09:38
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