Omicidio Vassallo, perché i pm accusano 9 indagati. Cagnazzo: «La perquisizione? Una liberazione. Ora posso chiarire tutto»

di Giorgio Pari

Per la Dda di Salerno, l’ufficiale dei Carabinieri era un “grande amico” dei fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, imprenditori di Acciaroli, ritenuti parte attiva in un traffico di droga che il sindaco-pescatore Angelo Vassallo aveva scoperto e voleva denunciare. Denuncia mai sporta perché Vassallo fu ammazzato.

Parte dal colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo l’indagine bis sull’omicidio del sindaco pescatore di Pollica, ammazzato con 9 colpi di pistola la sera del 5 settembre 2010. Un mistero insoluto da 12 anni, che ha visto venerdì una nuova svolta investigativa: le perquisizioni per 9 indagati, tra i quali Cagnazzo, il suo braccio destro Luigi Molaro, e un terzo (ormai ex) carabiniere, Lazzaro “Marcolino” Cioffi, già condannato in primo grado per traffico di droga per favori fatti al ras del Parco Verde di Caivano Pasquale Fucito.

Due minuti dopo l’omicidio, sul telefono di Cagnazzo sarebbe arrivata una telefonata di Molaro. Una chiamata rimasta senza risposta. Un fatto che gli inquirenti definiscono inquietante ma che di fatto può essere anche una semplice coincidenza, considerato che i due erano praticamente sempre insieme.

Subito dopo la telefonata senza risposta, i due si sarebbero visti a cena. Per la Dda avrebbero iniziato il presunto depistaggio sulle indagini di Vassallo. Ma anche in questo caso potrebbe facilmente arrivare un’altra spiegazione, molto più semplice, considerato che Cagnazzo era in vacanza ad Acciaroli e lui Molaro erano soliti cenare insieme.

Sul caso si registra una nota di Cagnazzo, diramata dall’avvocato Ilaria Criscuolo. «Come ho riferito nell’immediatezza al mio legale di fiducia avvocato Ilaria Criscuolo – dichiara l’ufficiale dell’Arma -, l’atto garantito per me è una liberazione perché per oltre 10 anni ho convissuto con una spada di Damocle sul capo, a causa di accuse del tutto infondate e frutto di mere illazioni e suggestioni che saranno finalmente e definitivamente chiarite, nonché a causa della devastante gogna mediatica che ne è conseguita». A detta di Cagnazzo, «tutto ciò ha irrimediabilmente minato la mia serenità familiare e la mia carriera. Ora potremo discutere di tutta la vicenda nelle sedi opportune». Il colonnello indagato si dice «serenissimo e come sempre a disposizione della Giustizia». Cagnazzo, così come Molaro, fu già indagato anni fa nell’inchiesta sul delitto Vassallo ma il fascicolo fu poi archiviato.

Adesso, invece, la procura di Salerno rispolvera vecchi elementi. Negli atti dell’inchiesta, si legge che Cagnazzo – all’epoca dei fatti a capo del nucleo operativo di Castello di Cisterna che fece una lotta senza tregua alla criminalità organizzata e in modo particolare agli Amato-Pagano – avrebbe «indirizzato in varie occasioni presso la struttura alberghiera ‘Tre palme’ dei Palladino le famiglie di collaboratori di giustizia appartenenti a clan camorristici del napoletano».

Inoltre, per gli inquirenti avrebbe agevolato un progetto imprenditoriale dei tre fratelli Palladino – non accusati dell’uccisione di Vassallo-, relativo alla gestione di alcune pompe di benzina, consigliando loro di coinvolgere anche il suo fidato carabiniere Cioffi. A insospettire gli inquirenti è «l’attivismo» di Cagnazzo e Molaro, ufficialmente in vacanza ad Acciaroli, subito dopo l’omicidio del sindaco. Cagnazzo – che ha sempre trascorso le sue vacanze ad Acciaroli perché lì ha casa – si trova sul luogo del delitto, al momento dei rilievi effettuati dalla polizia giudiziaria competente. Sente “informalmente” un possibile testimone – un altro carabiniere che viveva lì vicino – e poi, insieme a Molaro, si impossessa delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza di un esercizio commerciale: riprese utilizzate, secondo l’accusa, «per indirizzare le attività investigative» su uno spacciatore, il qual con l’omicidio non c’entrava. Secondo la Dda di Salerno, tutto questo sarebbe un palese travalicamento delle proprie competenze da parte dell’ufficiale e del suo ex subordinato». Un’attività che, «allo stato degli atti, appare di oggettivo depistaggio delle investigazioni». Un depistaggio “preordinato”.

A sostegno di questa ipotesi gli inquirenti collocano, tra l’altro, «i dati inquietanti costituiti dalla chiamata rimasta senza risposta ricevuta da Cagnazzo alle ore 21.14 del 5 settembre 2010, proveniente dal carabiniere Molaro, con il quale egli si sarebbe unito pochi istanti dopo per partecipare ad una cena». Circostanza «in perfetta coincidenza temporale con l’agguato al sindaco (esattamente due minuti dopo)», ed anche con una «aggressione intimidatoria posta in essere dall’ufficiale nei confronti» di un personaggio che aveva frequentato assiduamente Vassallo nei giorni precedenti l’assassinio. Questa persona, immediatamente dopo l’eliminazione di Vassallo, riferì a più persone che il sindaco aveva scoperto il traffico di droga, nel quale i fratelli Palladino e Cagnazzo sarebbero stati coinvolti. Quest’uomo venne «picchiato violentemente ad Acciaroli» il 10 ottobre 2010. Questi fatti, concatenati, secondo la Dda, «lasciano allo stato ritenere, sul piano indiziario, la possibilità che il successivo intervento depistatorio realizzato dal tenente colonnello Cagnazzo e da Molaro potesse essere stato preordinato, con evidenti ricadute in tema di loro responsabilità quanto al reato di omicidio volontario».

domenica, 31 Luglio 2022 - 10:14
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