Politiche, l’allarme di Campora: «Oscurato il tema Giustizia. Che fine farà la riforma Cartabia, quali progetti futuri?»

Campora Marco
L'avvocato Marco Campora
di Marco Campora, avvocato*

Come hanno ben evidenziato il Presidente dell’U.C.P.I Gian Domenico Caiazza e l’avvocato Cataldo Intrieri in un articolo pubblicato su Linkiesta, in questa prima fase della campagna elettorale il tema della giustizia è completamente oscurato e rimosso. Eppure, nella legislatura appena terminata  l’argomento giustizia ha avuto un peso specifico rilevantissimo avendo esso caratterizzato, con visioni e risultati sideralmente distanti, tutti e tre i Governi che si sono succeduti negli ultimi quattro anni.

Dopo aver raggiunto l’acme del populismo penale e del più rozzo giustizialismo nel corso del governo Conte I (spazza-corrotti, abolizione della prescrizione poi portata a compimento della successiva legislatura, abolizione del giudizio abbreviato per i reati per i quali è prevista la pena dell’ergastolo , decreti sicurezza ed immigrazione) e dopo che il governo successivo (il Conte II), pur modificando parzialmente  i toni e mostrando delle timidissime aperture verso una concezione del diritto più conforme ai principi che regolano una democrazia liberale, aveva di fatto mantenuto in piedi  l’impianto liberticida del precedente governo (e non è un caso, infatti, che l’abolizione della prescrizione sia stata portata a definitivo compimento in questo secondo segmento della legislatura), con il governo Draghi si è assistito, anche grazie a talune eccezionali contingenze interne ed internazionali, ad un significativo cambio di passo in materia di giustizia.

La riforma Cartabia – pur con le mancanze ed i difetti che le riconoscono gli stessi estensori e promotori attesa la necessità di contemperare visioni diversissime ed in taluni casi antitetiche – costituisce una boccata di aria fresca nell’asfittico mondo della giustizia italiana (non solo quella penale ma anche quella civile), da almeno trenta anni impantanata in diatribe strumentali e senza senso. E, soprattutto, la riforma certifica un’inversione di tendenza – si auspica definitiva o quantomeno duratura – con l’abbandono  del pensiero ultra-giustizialista che costituiva la cifra fondamentale di molte forze politiche che siedono tutt’oggi in Parlamento.

Al di là delle singole norme, comunque in massima parte condivisibili, la riforma si lascia apprezzare per un cambio di paradigma che a noi pare evidente: il tentativo di passare da un diritto rozzo e sovente brutale (e conseguentemente autoritario) ad una giustizia moderna, più efficiente, più mite, più interessata al risultato che le è proprio e cioè quello di regolare i conflitti tra i cittadini per il raggiungimento di una pacifica convivenza civile.

In altri termini, con la recente riforma sembra essersi finalmente avviato quel passaggio dalla giustizia considerata come potere autoritativo dello Stato alla giustizia come servizio per i cittadini. E non è un caso che – come acutamente osservato da alcuni commentatori  – i più feroci contestatori della riforma (invero numericamente non moltissimi, almeno sino ad oggi) provengono dai settori più retrivi e conservatori degli operatori del diritto.

La caduta improvvisa del governo Draghi e gli strascichi di natura politica che ad essa sono ovviamente seguiti rimescolano le carte in tavola.

Quel nuovo corso faticosamente avviato negli ultimi due anni rischia di subire una pesante battuta d’arresto, riportandoci ad un recente (ed anche meno recente) passato di cui non abbiamo alcuna nostalgia.

Ecco che il silenzio imbarazzato sulla giustizia a cui si sta assistendo in questa campagna elettorale d’agosto non lascia presagire nulla di buono. Come argutamente notato dal Prof. Donini sulle pagine de Il Riformista, il silenzio che aleggia sulla giustizia non è “messaggero di pace”.

Il rischio non è soltanto che tornino in auge le teorie e prassi giustizialiste che hanno caratterizzato gli ultimi anni ma che si interrompa o non venga portato a compimento quel processo di ristrutturazione di cui la giustizia italiana ha straordinariamente bisogno. Questa “rimozione” – dovuta presumibilmente anche alla necessità di evitare argomenti divisivi (qual è da tempo la giustizia) nel momento in cui si tenta di stringere complicate alleanze elettorali – non è pertanto accettabile.

 Come avvocati – ed ancor prima come cittadini – abbiamo invero il diritto di conoscere quale siano le diverse idee e programmi in materia di giustizia delle diverse forze politiche che si contendono il voto.

Abbiamo, ad esempio, il diritto di sapere se la riforma Cartabia sarà portata avanti con convinzione oppure se la si intende in qualche modo affossare o comunque depotenziare; se tra le forze politiche ve ne è davvero qualcuna (nella scorsa legislatura quasi tutti i partiti politici si erano dichiarati disponibili a ragionare sul tema) disponibile a superare definitivamente la riforma Bonafede e a ripristinare l’istituto della prescrizione sostanziale inopinatamente soppresso; se si intende proseguire sulla strada di diminuzione del carcere con l’ampliamento delle misure alternative alla detenzione; se e soprattutto in che termini si intende dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo; se si intende finalmente mettere mano alla legislazione anti-droga che continua a riempire le carceri di disperati e tossicodipendenti; se si intende ripristinare il principio cardine dell’oralità e dell’immediatezza del contraddittorio gravemente leso dalla sentenza Bajrami; se si intende davvero puntare sulla giustizia ripartiva; se vi è la volontà di dar vita ad una seria depenalizzazione, riportando il diritto penale al ruolo che gli è proprio e cioè quello di extrema ratio.

L’auspicio è che, terminata questa prima fase della campagna elettorale e sedimentatesi le eventuali alleanze, la politica possa finalmente tornare a parlare ed a ragionare su temi, quali la giustizia, che incidono fortemente nella vita di tutti i cittadini.   

*presidente della Camera penale di Napoli

martedì, 9 Agosto 2022 - 08:30
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