Da stanotte l’ironia si spreca. I meme che lo ritraggono con la pettorina da steward allo stadio Maradona, l’effigie del caffè Borghetti o ancora la foto dell’infausto ‘volo’ tra le braccia dei camerieri di Nennella, ultimissimo svarione del ministro degli Esteri ancora in carica, segnano in maniera impietosa la fine dell’esperienza parlamentare di Luigi Di Maio.
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Sì, dalle 8,33 – ora in cui le agenzie hanno battuto la notizia – è certo che l’ex enfant prodige del Movimento Cinque Stelle, passato dai Vaffa in piazza agli impeccabili completi da uomo delle alte istituzioni, non è stato rieletto. Come in un’ironica beffa del destino, che alla politica spesso dedica i suoi sberleffi più clamorosi, si è fermato proprio a quel secondo mandato propugnato dai suoi ex compagni di Movimento e da lui calpestato sino allo scisma e alla creazione di un partitino a sua immagine e somiglianza.
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Un partito col nome di una lista di paese (Impegno civico) e con il simbolo di un’ape; ape che ha svolazzato in cerca di un fiore su cui posarsi trovando, Pd complice, un collegio abbastanza robusto per contenere la detonazione del suo abbandono del Movimento. Ma che non ha saputo pungere né far sentire il suo ronzio. Nulla. Inesistente.
Nel collegio gentilmente offerto dai Dem, Giggino ha dovuto cedere la vittoria proprio a un ex amico, quel Sergio Costa che fu ministro nel Governo in cui lui era vicepremier, anzi fu dallo stesso Di Maio cooptato al dicastero dell’Ambiente nel 2018, e che ha vinto la corsa all’uninominale nel collegio Napoli U02 che abbraccia i quartieri di Fuorigrotta, Bagnoli, Soccavo, Posillipo, ma anche il centro storico, Chiaia e Mercato. Costa ha ottenuto 67.936 voti pari al 39,7% mentre il ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico ha ottenuto 41.743 voti che rappresentano il 24,4. Meglio non è andata ad altre vip: Maria Rosari Rossi, esclusa con 38.515 voti, il 22,5, e la ministra Mara Carfagna, che ha avuto 12.144 voti, appena il 7,1%.
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Che smacco, per l’ex giovane di belle speranze che ha tradito il Movimento per lanciarsi in un’esperienza elettorale che ha fatto a brandelli prima di tutto la coerenza. La foto di Di Maio che sale le scale del Nazareno, sede del Pd, in cerca di alleanze e seggi sicuri, gridava vendetta dopo anni di ferocissimi attacchi proprio a quei Dem che lo hanno poi accolto, un po’ senza senso, tra loro. Il partito di Bibbiano, quello dell’elettrochoc ai bambini, quello mandato a quel paese per un bel po’ di anni, è diventata la nuova casa dell’ora moderato ministro, cresciuto in questi anni a pane e quirinale, pane e istituzioni, ma incapace, nel momento più importante, di tradurre l’esperienza di palazzo in politica convincente. La tempra da grillino è ormai persa, ora resta l’immagine di Di Maio incravattato o peggio, di Di Maio imbolsito che sulle note di Dirty Dancing colleziona una figuraccia internazionale.
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I dati elettorali locali e nazionali servono solo a cantare il de profundis. “Impegno civico” raccoglie percentuali che sfiorano malinconicamente lo zero. In Campania, la sua Regione, supera di poco l’un per cento nel collegio Campania 1 (1,41) e raggiunge il 2,13 (dati delle 11 di oggi) in Campania 2. In Italia è impalpabile, più si sale a Nord più sfuma e nel produttivo Nord Est diventa un puntino invisibile e irrilevante.
Parabola della carriera promettente di un ex ragazzo di provincia diventato leader di piazza, poi ministro e vicepremier e oggi costretto a trovare un nuovo posto nel mondo. Che contrappasso per il politico che voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, tagliare la Casta e abolire la povertà. Ora è un ex ministro inviso al suo ex partito (e come dar torto a Conte, allo stesso Grillo che lo chiama Giggino a cartellett, ai pentastellati) e che porta sulla coscienza anche la strage di ex parlamentari del Movimento che hanno abbandonato le Cinque stelle sull’onda della scissione avviata da Di Maio. Salvo restare con un pugno di mosche in mano: loro senza candidatura, Di Maio con un collegio offerto dal Pd.
lunedì, 26 Settembre 2022 - 11:44
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