Trionfa il centrodestra, ma anzitutto Giorgia Meloni, premier in pectore (sarebbe la prima donna della storia d’Italia). La leader di Fratelli d’Italia porta il suo partito ad essere il primo, con una percentuale intorno al 25%, o forse superiore. Alle Politiche del 2018 era al 4,3%.
Ma Meloni vince un’altra partita fondamentale, quella interna. Nel centrodestra – attestato ben oltre il 40% – FdI si staglia tra il flop della Lega, precipitata – secondo le stime degli exit poll aggiornati alle 2 di notte – sotto la soglia del 10%, e il declino di Forza Italia, ormai strutturale. Tra le prime volte, non ci sarebbe solo il premierato rosa. Vedremmo, con ogni probabilità, anche il primo presidente del consiglio post missino, o post fascista, del dopoguerra. Vinte le elezioni, gli esami per Giorgia Meloni non sono finiti: l’attendono al varco l’Ue, la guerra in Ucraina, la crisi energetica.
Per il Partito democratico ed Enrico Letta sarà una lunga notte. La sconfitta è ormai acclarata, ma per i ‘dem’ si apre adesso un’altra questione: in che modo si perde. E secondo gli exit poll il Partito democratico rischia di chiudere queste Politiche in maniera rovinosa. E’ possibile, dicono le rilevazioni, che il Pd non superi la soglia del 20%. Una soglia che Enrico Letta e i suoi sperano quantomeno di agguantare per non andare sotto anche nel confronto con il Pd di Matteo Renzi che, nel 2018, alla Camera prese il 18,7%. In quella tornata, il Pd dovette fare i conti con i voti dirottati sugli scissionisti di Liberi e Uguali, che ottennero il 3,38%. Stavolta, invece, una parte di Leu (cioé Articolo Uno di Roberto Speranza) è rientrata alla base. Il 20% è quindi una soglia “storica” ma anche psicologica.
Letta è sotto pressione, e già contro di lui cannoneggiano gli esponenti di punta di altri partiti. Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia Viva, non perde tempo per infilare il dito nella piaga e rinfacciare a Letta il suo ‘no’ all’alleanza con Renzi. «Il vero errore l’ha fatto Letta, l’ha fatto il Pd, quando non ha voluto fare un accordo con noi dicendo che facevamo perdere i voti» mentre «si vede che i voti siamo capaci di prenderli eccome», ha detto Boschi parlando al comitato elettorale a Roma di Azione-Iv. Il ‘Terzo polo’ di Italia Viva e Azione viene dato dagli exit poll quasi all’8%. Un risultato, se confermato, importante.
Uno schiaffo, ad ogni modo, a Impegno civico di Luigi Di Maio, con il quale invece Letta non ha esitato a stringere un accordo, mettendo una pietra sopra ai pesanti attacchi rivolti da Di Maio durante il periodo grillino di quest’ultimo. Impegno civico, secondo Swg, non raggiungerebbe neppure la soglia dell’1%. Tradotto: la creatura di Luigi Di Maio sarebbe irrilevante. Di più: i pochi voti racimolati non andrebbero neppure in quota Pd perché per legge verrebbero dispersi. A conti fatti le urne dimostrerebbero che Letta ha stretto almeno un’alleanza del tutto inutile e, forse, controproducente. A Napoli, alla vigilia del voto, era alto – nel Pd locale – il malcontento per il posizionamento di Luigi Di Maio nel collegio Campania 1, tanto che in molti hanno invocato una sorta di ‘resa dei conti’ per come i vertici nazionali hanno gestito la faccenda.
Si prende la rivincita anche il Movimento 5Stelle, dal quale Letta ha divorziato cavalcando un solo voto contro Draghi espresso dai grillini. I pentastellati hanno giovato del divorzio, prendendosi la patente di terzo partito d’Italia, mentre il Pd ha perso di fatto un buon pacchetto di voti. «Il Pd è responsabile della vittoria del centrodestra, era il partito che doveva contribuire alla realizzazione del campo progressista e che invece l’ha sfasciato. Raccontare al Paese dell’agenda Draghi significa che poi il Paese non ti segue. Queste scelte del Pd purtroppo le pagheranno gli italiani», ha detto il vicepresidente del M5S, Riccardo Ricciardi, commentando le prime proiezioni relative al voto, nella sede del M5S.
lunedì, 26 Settembre 2022 - 01:29
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