«Odiava lo zio, lo ha ucciso nel forno della fonderia»: chiesto l’ergastolo per Bozzoli. La difesa: «Niente prove, povera giustizia»

aula tribunale

Un uomo «violento e prevaricatore», che «odiava lo zio e voleva ucciderlo». Per i pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martani, Giacomo Bozzoli pianificava la morte dello zio Mario «da anni» e «la pianificava nei nei minimi dettagli». Con queste parole, i magistrati inquirenti hanno accompagnato la richiesta di condanna all’ergastolo avanzata nella giornata di ieri ai giudici della Corte d’Assise di Brescia.

L'imprenditore Mario Bozzoli
L’imprenditore Mario Bozzoli

Per i pm bresciani Mario Bozzoli « è stato ucciso oltre ogni ragionevole dubbio dal nipote Giacomo Bozzoli nel forno della fonderia», ragione per la quale il corpo della vittima non è mai stato trovato. L’imprenditore svanì nel nulla la sera dell’otto ottobre 2015 dalla fonderia di sua proprietà a Marcheno, in Valtrompia nel Bresciano. L’imputato, infatti, deve anche rispondere di avere «distrutto o comunque soppresso il cadavere di Bozzoli Mario adagiandolo, anche avvalendosi della collaborazione di terze persone, sulla superficie di un bagno di metallo fuso nel forno grande della fonderia Bozzoli srl sino a ottenerne la carbonizzazione e l’incenerimento, ovvero trasportandolo fuori dallo stabilimento della Bozzoli srl e facendone perdere definitivamente le tracce»: questa contestazione è stata aggiunta dai pm durante il processo, nell’udienza dello scorso 29 giugno. 

L’imprenditore sarebbe morto attorno alle 19.20 dell’otto ottobre quando dal forno più grande della fonderia bresciana esce una fumata anomala. «L’unico che manca all’appello in quella fase è Giacomo Bozzoli. E’ l’unico tra i presenti di cui si perdono le tracce nei momenti cruciali in cui sparisce anche Mario Bozzoli», hanno detto i pubblici ministeri. 

A complicare le indagini, è parere della procura, sono state le dichiarazioni mendaci di alcuni personaggi. Ecco perché l’accusa ha chiesto anche la trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza e favoreggiamento nell’omicidio per gli operai Oscar Maggi e Abu presenti in fonderia il giorno della scomparsa di Mario Bozzoli: «Hanno avuto un ruolo attivo nella fase successiva, quando il corpo viene distrutto nei forni e loro erano presenti», sostengono i pm. Chiamato in causa anche Giuseppe Ghirardini, l’addetto ai forni che sparì sei giorni dopo il suo datore di lavoro e che venne trovato senza vita in Vallecmonica con un’esca al cianuro nello stomaco. Per chi indaga è tato un suicidio. «E’ un suicidio parlante nonostante non siano stati ritrovati biglietti. Non regge al rimorso, al peso e alla paura per quello che ha fatto, cioè avere aiutato Giacomo a uccidere Mario. Capisce che sarebbero arrivati a lui e di essere l’anello debole della catena. Quindi la prova logica è regina, non ci possono essere altre ragioni dietro la morte Ghirardini. Non era depresso, non aveva problemi economici, viveva nell’attesa di rivedere il figlio che sarebbe tornato dal Brasile» sono state le parole in aula dell’accusa.

«Tutti i falsi testimoni di questo processo hanno cercato di allontanare Mario dalla zona forni al momento della fumata. Ci sono stati clamorosi depistaggi, i più gravi quelli di Maggi e Abu».

Oggi parola alla difesa dell’imputato, che ha puntato sull’assenza di prove. «Chiedo di porre fine a questa tristissima vicenda che non fa onore alla giustizia italiana e bresciana e vi chiedo di assolvere l’imputato per porre fine alla sofferenza del povero Giacomo», ha detto l’avvocato Luigi Frattini, difensore di Giacomo Bozzoli, ha chiesto l’assoluzione del suo assistito al termine dell’arringa durata più di due ore. «Nessun corpo è stato gettato nel forno. Il dna è stato cercato dai Ris e dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo e non hanno trovato nulla. La morte di Mario Bozzoli non è stata causata dall’immissione di un corpo nel forno», ha detto la difesa dell’unico imputato.

La sentenza è attesa per domani, venerdì 30 settembre.

giovedì, 29 Settembre 2022 - 22:02
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