Chat con Palamara, rimossa presidente di sezione del Tribunale di Roma. Il plenum: «Screditata sua immagine»

Luca Palamara
Luca Palamara
di maga

La carica di presidente di sezione del Tribunale civile di Roma non le appartiene più. Luciana Sangiovanni, magistrato di lungo corso, lascia, suo malgrado, la Capitale, e lo fa su ordine del plenum del Consiglio superiore della magistratura che ha votato per il suo trasferimento d’ufficio, in un circondario diverso da quello romano, ravvisando una incompatibilità ambientale.

Motivazione della rimozione: allo scopo di ottenere i ‘gradi’ che oggi le vengono tolti, il giudice Sangiovanni  ha compiuto «condotte idonee a screditare e squalificare» la sua «immagine di imparzialità e di indipendenza nell’esercizio della giurisdizione». 

A gravare su Luciana Sangiovanni sono diverse chat e telefonate tra lei e Luca Palamara, l’ormai ex pm radiato dalla magistratura per via delle ingerenze nelle nomine dei capi degli uffici di procura, intercorse tra 27 luglio 2017 e 27 dicembre 2018. In questo lasso di tempo Palamara è consigliere del Csm (incarico che lascia il 12 dicembre 2018 per tornare a indossare i panni del pm nella Capitale). Nei primi mesi di questo lasso temporale, invece, è in attesa di sapere se sarà nominata, cosa che accade il 15 novembre 2017, presidente di sezione del Tribunale di Roma.

E’ per via di questo incarico che, a parere del Consiglio, si consuma il misfatto. Sangiovanni contatta Palamara per chiedere lumi sulla tempistica della discussione in sede di Commissione, Palamara le dice di pazientare perché il ‘caso Napoli’ sta rallentando i lavori. Poi quando la Commissione vota all’unanimità per la Sangiovanni, Palamara la informa all’istante.

Qui prende forma il secondo momento critico contestato dal Csm. Nel periodo che intercorre tra la decisione della Commissione e la decisione finale del plenum, Palamara contatta Sangiovanni per chiedere «una cortesia»: vuole informazioni su procedimenti relativi a terze persone. Informazioni che il giudice Sangiovanni «senza remora» gli fornisce benché le richieste di Palamara siano «inopportune» «se si considera che il dott. Palamara avrebbe dovuto decidere sulla nomina della dott.ssa Sangiovanni a presidente di sezione di quello stesso Tribunale».

‘Inopportuno’ è anche l’aggettivo usato dal Consiglio per etichettare «la disponibilità» manifestata da Sangiovanni a quelle richieste: il giudice avrebbe dovuto capire che Palamara «era divenuto il vettore di variegate richieste di suoi amici o conoscenti, i quali si rivolgevano a lui nella speranza di ottenere un trattamento di favore nei procedimenti civili in cui erano parti, relativo anche soltanto ai tempi della trattazione dei procedimenti». Infatti alla prima richiesta di ‘cortesia’, ne sono seguite altre, relative ad altri contenziosi assegnati alla Sezione famiglia del Tribunale di Roma.

Sangiovanni, invece, «ha dato corso» a quelle richieste «improprie», «senza manifestare alcuna riserva o perplessità, e anzi facendo seguire alle informazioni date via chat alcuni incontri a quattr’occhi, a volte chiesti dall’uno e a volte dall’altra e sul cui contenuto nulla sappiamo di preciso».  Condotte gravi per il Consiglio, sulle quali non si può sorvolare benché  dall’istruttoria compiuta sia emerso che il giudice Sangiovanni non ha sviato l’attività giurisdizionale (ossia non ha inciso, indirizzandolo in un senso piuttosto che in un altro, il corso dei procedimenti sui quali le sono state chieste informazioni) e benché sia emerso che all’interno dell’ufficio la sua immagine non sia stata opacizzata dalla vicenda (dopo la pubblicazione delle sue chat con Palamara ha ricevuto numerosi incarichi dalla Scuola della magistratura e dal presidente del tribunale).

Né ha convinto la linea difensiva del giudice: ascoltata sia in Commissione che dal plenum, Sangiovanni ha spiegato di avere fornito a Palamara «informazioni neutre», «ricavabili dal registro di cancelleria, a cui hanno accesso tutti i cittadini, e non ho mai sollecitato i giudici titolari di questi procedimenti». 

Le «non rituali interlocuzioni tra Lei e il dott. Palamara – è il ragionamento del Consiglio – sono state pubblicate dalla stampa nazionale, con dovizia di particolari, e sono tuttora reperibili sul web. Le stesse interlocuzioni, quindi, sono giunte a conoscenza dei Suoi colleghi di sezione, di ieri e di oggi, del presidente del Tribunale, di tutti gli altri magistrati dell’ufficio e, soprattutto, dell’intera comunità forense nonché, in via potenziale, di tutti i cittadini, ivi comprese le parti dei procedimenti a Lei assegnati. Tali complessivi elementi di fatto potrebbero compromettere lo svolgimento, in maniera serena, indipendente ed imparziale, anche sul piano della percezione esterna e della necessaria credibilità, delle funzioni giudiziarie e amministrative da Lei svolte al Tribunale di Roma». Gli atti tornano così alla Terza Commissione che adesso dovrà indicare il nuovo incarico per il giudice Sangiovanni. 

giovedì, 13 Ottobre 2022 - 09:47
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