Csm, sul governo Meloni è già rissa tra le correnti di destra e sinistra: MI attacca MD e Area


Il nuovo Csm ancora non si è ufficialmente insediato – la nomina dei laici ci sarà il 13 dicembre – che già volano gli stracci. Sullo sfondo si intravedono le posizioni delle correnti, e le possibili alleanze, nell’organo di autogoverno della magistratura. A dar fuoco alle polveri sono le prime mosse del governo Meloni. Una nota di Stefano Buccini e Angelo Piraino – presidente e segretario di Magistratura indipendente, la corrente di destra della magistratura associata – attacca le precedenti sortite di Magistratura Democratica e Area Democratica per la giustizia, orientate a sinistra e per 14 anni unite in ‘matrimonio’. Il comunicato di Mi, intitolato “Nostalgia canaglia”, bacchetta: «La magistratura non è e non deve mai diventare un attore della scena politica. Mai, e nei confronti di qualsiasi governo, quale che sia il suo colore politico».

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Nel mirino di MI, vincitrice delle ultime elezioni per il Csm, finisce «il comunicato di Magistratura democratica sulle scelte di politica criminale del nuovo governo, dal titolo ‘la truffa delle etichette’». Nel documento di MD si stigmatizza la norma penale, istituita per decreto legge, sui rave party, foriera di non poche ambiguità interpretative. Buccini e Piraino, però, ne contestano il tono, che «profetizza ‘una lunga stagione di resistenza costituzionale’.

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I vertici di MI ce l’hanno anche con «il comunicato di Area sulla politica migratoria dal titolo “fateli sbarcare subito”». E ironizzano: «Immaginiamo di poter attendere, allora, nel prossimo futuro i contributi dei gruppi associativi progressisti della magistratura sulle scelte di politica economica o di politica estera del nuovo governo, nel segno di una ritrovata vitalità».

Insomma, prima del merito, Magistratura Indipendente disapprova il metodo. «Prendiamo nettamente le distanze – sottolineano Buccini e Piraino – da un simile approccio ideologico, che ci riporta indietro alla vecchia contrapposizione tra politica e magistratura di un passato che si vuole dimenticare e che ha portato la magistratura ad essere vista dai cittadini come politicizzata». E in effetti, se queste sono le premesse, il Csm si annuncia terreno di scontri tra le correnti.

LA NOTA DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA
Nella sua nota, Magistratura Democratica premette: «Il diritto penale è un delicato sistema che aggredisce la libertà della persona, imponendosene pertanto un uso sobrio e meditato. Per questo, intervenire con decreto legge per prevedere nuove fattispecie non è mai una buona idea». Segue un’articolata analisi, non limitata al provvedimento sui rave party. «Nelle sue prime dichiarazioni – scrive MD -, il Ministro della Giustizia aveva assicurato che la depenalizzazione fosse uno dei criteri ispiratori dell’azione del nuovo Governo. Ebbene, uno dei primi interventi sul diritto penale registra, invece, proprio la creazione di un nuovo reato. Non vorremmo che la depenalizzazione dichiarata riguardasse solo i reati dei colletti bianchi, mentre i problemi generati dalla precarietà sociale e della povertà dei ceti più marginali fossero risolti a colpi di nuove fattispecie penali o aumentando le pene per i reati già previsti, magari con corridoi processuali preferenziali per giungere a celeri sentenze passate in giudicato, a fronte di gravi reati impastoiati nelle secche delle Corti di Appello, in attesa che l’improcedibilità possa coprire ogni vergogna».

Secondo MD, «è bene chiarire subito una cosa: la nuova fattispecie non si applica solo ai Rave Party (ove mai queste feste fossero un problema davvero così indifferibile ed urgente, nell’agenda del Governo), ma entra in diretta collisione con l’art. 17 della Costituzione, affidando la selezione tra l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito (quello di riunione e manifestazione pubblica) e la consumazione di un gravissimo reato (punito con pene esemplari che vanno da tre a sei anni, oltre la multa) a giudizi prognostici (“… può derivare un pericolo…”), collegati non già ad un evento ben definito, ma a valutazioni soggettive (“… per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica…”)». Per le toghe progressiste, «d’ora in poi, se in una pubblica piazza si riunirà un gruppo di cinquanta giovani, per festeggiare un lieto evento, facendo un po’ di schiamazzi, questi potranno incontrare un solerte funzionario di Polizia Giudiziaria che, ritenendo quel raduno pericoloso per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica, decida di intervenire: autorizzando i suoi uomini ad utilizzare mezzi e strumenti violenti, per liberare la piazza, e procedendo all’arresto in flagranza degli organizzatori. Non immaginiamo cosa succederà, nel caso in cui la manifestazione fosse organizzata per protestare contro scelte governative…».

In poche parole, «il nuovo articolo 434 bis del codice penale è una norma pericolosa, che chiamerà la magistratura ad una sapiente verifica della sua applicabilità al caso concreto, insieme all’utilizzo dello strumento della verifica costituzionale, ove i margini di equivocità della norma fossero così estremi da entrare in drammatica collisione con i nostri diritti e valori fondamentali». Peraltro, «l’introduzione della medesima fattispecie, nel catalogo giustificante l’applicazione delle misure di prevenzione, è in netta controtendenza con l’applicazione di queste misure a gravi reati di profitto, secondo quella che è stata la geniale intuizione di Pio La Torre (che le estese alle mafie) e la concreta applicazione giurisprudenziale che ne ha fatto un grimaldello nella lotta alla criminalità organizzata. Questa norma, invece, immagina ancora le misure di prevenzione come strumenti di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica, secondo schemi di politica giudiziaria, fondati sulla cultura dello scarto e della criminalizzazione della marginalità sociale».

IL COMUNICATO DI AREA
Una lunga dissertazione è contenuta anche nel comunicato di AreaDg. «Ancora ostacoli frapposti dal Governo italiano al diritto di asilo, ancora respingimenti verso la Libia di uomini, donne e bambini cui si nega – sostiene la nota – il diritto a richiedere la protezione internazionale nell’Unione europea. I mezzi di informazione riferiscono che da diversi giorni tre navi di ONG, con a bordo 985 migranti soccorsi in acque internazionali, sono in attesa dell’assegnazione di un porto sicuro. Sulla Ocean Viking di Sos Mediterranee, attualmente al largo di Malta, sarebbero 234. Tra loro oltre 40 minori non accompagnati, molti dei quali riporterebbero segni evidenti di torture e violenze subite in Libia. La Geo Barents di Medici senza frontiere, che si trova nel tratto di mare a sud-est della Sicilia, avrebbe soccorso e imbarcato 572 persone, compresi 66 minori. Resterebbero ancora 179 persone invece, dopo l’ultima evacuazione medica, sulla Humanity 1, al largo delle coste catanesi».

Area incalza: «Dobbiamo ancora una volta ricordare che il diritto di asilo è garantito dall’art. 10 Co. 3 della Costituzione italiana, dagli artt.18 e 19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione di Ginevra delle Nazioni Unite del 1951 e che coessenziale ad esso è il diritto a presentare senza ritardo una domanda di protezione internazionale nell’ Unione europea, dove vige un sistema comune di protezione del diritto d’asilo». Questo «lo abbiamo evidenziato di recente anche nel convegno sul diritto di asilo in tempo di guerra nel corso del quale abbiamo raccolto drammatiche testimonianze». Si succedono inoltre, «una dopo l’altra, le proroghe “automatiche” del memorandum Italia-Libia, l’ultima delle quali per altri tre anni a partire dal 2 novembre, nonostante Amnesty International dimostri che, ancora oggi, “uomini donne e bambini rimpatriati in Libia devono affrontare detenzioni arbitrarie, torture, condizioni disumane, stupri, violenze sessuali estorsioni, lavori forzati ed uccisioni. Invece di affrontare queste continue violazioni dei diritti umani, il governo libico di unità nazionale continua a essere complice degli abusi e a rafforzare l’impunità».

La conclusione è netta: «Come giuristi dobbiamo segnalare che, in queste condizioni, l’accordo con la Libia costituisce una palese violazione del principio internazionale di non respingimento (non refoulement). In questo modo, si contribuisce inoltre a finanziare i “centri di accoglienza” libici, autentiche prigioni all’interno dei quali si consumano “crimini contro l’umanità”, per usare le parole della Missione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite». Secondo Area, «si impedisce inoltre, negando l’assegnazione di un porto sicuro, il soccorso in mare di persone in stato di necessità e a rischio di morte. La Corte di cassazione ci ha ricordato che “l’obbligo di prestare soccorso dettato dalla Convenzione internazionale Sar di Amburgo non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro (cd. place of safety)” (Corte di Cassazione n. 6626/2020)». In sintesi: «Soccorrere è obbligo giuridico oltre che morale di uno Stato democratico».

sabato, 5 Novembre 2022 - 08:00
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