Legge Cartabia e presunzione d’innocenza, giornalisti in piazza contro il bavaglio: «Direttive Ue tradite, cambiare la norma»


Presunzione di innocenza sì, ma senza imbavagliare la stampa. I giornalisti sono scesi in piazza, fuori ai palazzi di giustizia, a Roma e a Terni. A piazzale Clodio, i manifestanti hanno protestato contro contro il decreto legislativo 188 del 2021. Ovvero, contestavano l’adozione distorta della direttiva europea sulla “presunzione di innocenza”, operata dal governo Draghi. Normativa «di cui la libera informazione in Italia attende da parte dei ministeri competenti una corretta lettura attraverso nuove circolari esplicative che non mettano a repentaglio (come sta avvenendo) il diritto di cronaca».

Al presidio hanno aderito Usigrai, Ordine dei Giornalisti del Lazio, ControCorrente Lazio, Articolo 21, Rete NoBavaglio – Liberi di essere informati, Libertà e Giustizia Lazio, Libera Informazione, GayNet, Sindacato Cronisti Romani, Associazione Stampa Romana e The Women Sentinel. Analoga iniziativa fuori alla Procura di Terni.

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Secondo gli organizzatori, la legge Cartabia verrebbe usata «in maniera strumentale per non far conoscere i fatti all’opinione pubblica – sostiene Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi. È stata utilizzata la direttiva europea per provare a regolare i conti con la stampa. Non si può pensare di tutelare un principio sacrosanto che è la presunzione di innocenza andando a violare il diritto dei cittadini di essere informati. Io mi appello al parlamento italiano per la modifica la legge e in caso contrario parleremo all’Europa per avviare una procedura nei confronti dell’Italia per tutelare il diritto dei cittadini di essere informati». Per Beppe Giulietti, presidente Fnsi, «la presunzione di innocenza deve essere letta insieme alle querele bavaglio: il 90% vengono archiviate. Spesso vengono fatte appositamente e contro i precari. Quel decreto è giustizialista, trasferisce al procuratore la scelta sulla rilevanza sociale della notizia. Questo è in contrasto con tutte le sentenze della Corte Europea: ‘tutto ciò che è di rilevanza sociale va pubblicato’».

L’accusa dei promotori della protesta alla riforma: «Vietato parlare con i Giornalisti. Più che concentrarsi sulla prevenzione e repressione dei reati, a Roma, ormai procura e questura sembrano, piuttosto, impegnate a imbavagliare la stampa. La legge sulla presunzione di innocenza appare un pericoloso alibi».

Eppure «è fondamentale – sottolineano i giornalisti – permettere la verifica di fatti e notizie nell’immediatezza, oltretutto, in un momento così delicato per la vita del Paese colpita da una crisi economica gravissima che rischia di generare grandi tensioni sociali. Ma per la paura di assumersi responsabilità o di essere ‘redarguiti’, tutti i livelli coinvolti in quello che dovrebbe essere un aperto confronto con gli organi di stampa, nel rispetto dei ruoli, si stanno trincerando dietro un ‘no comment’ che spesso è o sfiora la censura». Questa è «una condizione inaccettabile: chi opera in difesa dello Stato e dei cittadini deve anche essere in grado di potere interloquire con i professionisti dell’informazione i quali, ricordiamo, hanno dei doveri già sanciti dai codici deontologici».

Sottolinea Marino Bisso, animatore della Rete NoBavaglio: «È una battaglia non solo per i giornalisti, ma soprattutto per i cittadini. Nessun procuratore e nessun questore può decidere cosa va sul giornale e cosa no. Questo è il nostro lavoro. In democrazia si dovrebbe facilitare la verifica delle notizie e non ostacolare la funzione di informare in modo corretto». Si dovrebbe.

martedì, 8 Novembre 2022 - 22:27
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