Valanga killer di Rigopiano, i periti del gup: «L’hotel era in zona rossa per le slavine, non si doveva costruire»

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L’albergo era in una zona rossa per le valanghe, anzi peggio: il grado maggiore blu, con una possibilità di frequenza alta. L’albergo è l’hotel di Rigopiano, frazione di Farindola in Abruzzo, travolto da una slavina nel pomeriggio del 18 gennaio 2017. Fu una strage da 29 vittime e oggi, su quei fatti, è approdata in udienza la maxi perizia, disposta dal gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea. A eseguirla il pool di esperti del Politecnico di Milano. Nonostante la pericolosità dell’area, però, per la relazione tecnica non è si può dimostrare in modo diretto una connessione causa-effetto con il terremoto. Ossia, se le scosse di terremoto della mattina avessero potuto innescare la valanga. I periti non lo hanno escluso, ma neppure affermato con sicurezza.

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Dalla perizia, però, sono emersi pure dati incontrovertibili: una valanga di quella portata – che travolse l’hotel, superandolo di 400 metri più in basso – è più frequente di quanto si possa credere; il resort era in zona rossa o forse perfino blu, dunque non doveva essere costruito lì. La valanga, secondo i periti, ha una incidenza che in un arco di tempo che va dai 30 a i 300 anni si avvicina di più ai 30 anni. Vale a dire che può accadere di nuovo in un tempo più breve. Poteva, perciò, considerarsi un evento atteso. Il complesso studio, tuttavia, ha fatto storcere il naso ad alcuni parenti delle vittime. «Ci siamo sentiti dire che ‘non sarebbe possibile escludere’ l’incidenza del terremoto sulla valanga, e così si può parlare di percentuali – afferma a margine dell’udienza Marcello Martella, padre di Cecilia, estetista 24enne morta nell’albergo – : questo discorso delle percentuali non ci è piaciuto affatto».

Alla sbarra, col rito abbreviato, ci sono 30 imputati. Tra i reati contestati, a vario titolo, disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose, abuso d’ufficio e falso ideologico. Intanto, nell’udienza di stamane, il gup ha respinto la richiesta di alcune parti civili: volevano far prendere in considerazione ai consulenti del tribunale una analisi peritale, alla base di una sentenza civile emessa il 25 novembre 2021 a Milano. Il giudice del tribunale lombardo Antonio Stefani aveva escluso, infatti, il nesso di causalità tra slavina e terremoto, proprio grazie alla perizia dei consulenti da lui nominati. In questo modo il magistrato civile ha rigettato la richiesta della società, proprietaria del resort di Farindola, per ottenere un indennizzo di 2 milioni 300 mila euro, in forza dell’assicurazione con Uniqa spa. Una polizza stipulata per il solo caso di danni da sisma. Sulla questione dovrà pronunciarsi, sempre nel procedimento civile, la Corte d’appello di Milano, cui la società dell’hotel ha fatto ricorso per una riforma della pronuncia di primo grado.

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Il processo è ripartito dopo il lungo stop alle udienze, causato dallo sciopero dei legali, in protesta per la temuta chiusura del tribunale di Avezzano. In precedenza, c’era stata anche la riunificazione in un unico procedimento del filone sul depistaggio con il processo madre. E a quasi sei anni da quei tragici giorni, molti auspicano un’accelerazione, per chiudere entro l’anno la fase dibattimentale.

mercoledì, 9 Novembre 2022 - 20:28
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