Uccise i genitori e gettò i corpi nell’Adige, la Corte d’Assise non fa sconti: ergastolo a Benno. La sorella: «Un brutto incubo»

Benno Neumair e i genitori

Per la difesa, Benno Neumair ha ammazzato i suoi genitori, Laura Perselli e Peter Neumair, a causa della «sua malattia» di cui non si può tenere conto. Ma i giudici della Corte d’Assise di Bolzano non l’hanno pensata allo stesso modo.

A chiusura di un processo carico di testimonianze emotivamente forti, la Corte ha condannato il 31enne alla pena dell’ergastolo con un anno di isolamento diurno, interdizione perpetua dai pubblici uffici, più il pagamento una provvisionale da 200mila euro per la sorella Madè e un’altra da 80mila euro alla zia Carla. Accolta in toto la richiesta avanzata dai pubblici ministeri Igor Secco e Federico Iovene, per i quali Benno ha agito «senza pietà» e in modo consapevole. Benno è stato condannato sia per duplice omicidio che per occultamento dei cadaveri: l’imputato gettò i corpi dei genitori nell’Adige. 

La sentenza è arrivata dopo circa 5 ore di camera di consiglio. Sarà importante leggere le motivazioni, perché il processo si è giocato tutto non sulla responsabilità di Benno, che era pacifica (il giovane era anche reo-confesso), ma sulla sua capacità di intendere e volere. Capacità che la difesa ha messo in discussione nelle due arringhe affidate agli avvocati Angelo Polo e Flavio Moccia. «Ad armare la mano è stata la sua malattia», aveva detto il penalista Polo. Di avviso diverso tanto la procura, che aveva battuto sui numerosi tentativi di depistaggio messi in atto dopo i delitti per dimostrare la lucidità del 31enne. Ad esempio Benno chiese alla giovane di Ora che frequentava in quel periodo di raccontare, se interrogata dagli inquirenti, che la sera del delitto erano assieme e avevano fumato marijuana. Benno andò anche a lavare l’auto, ma venne fermato prima dai carabinieri. Anche i legali di parte civile avevano puntato per la capacità di intendere e volere dell’imputato. 

In aula, al momento della lettura della sentenza, c’era Madè, la sorella di Benno, che non ha mai mancato un’udienza. «La mia vita non cambia oggi. La mia vita è cambiata dopo il 4 gennaio. La sentenza che è stata pronunciata stasera non ha nulla a che fare con il perdono», ha detto Madé a caldo ricordando la data del duplice omicidio del 2021, «finisce una gran parte di quello che è stato e ancora a volte è un brutto incubo». «La pena non è quello a cui in tutto questo tempo ho pensato. Il senso – ha aggiunto – era dare la voce ai miei genitori, in questo penso forse di essersi riuscita. Non mi auguravo qualcosa di specifico, mi auguro solo un po’ di serenità, quello sì. Forse ora ne avrò». Anche Carla Perselli, sorella di Laura e zia di Benno, si era costituita parte civile. «Al momento della sentenza ho pensato al corpo di Laura. Oggi siamo qua per lei e Peter, che non hanno potuto parlare. Questa sera non c’è nessuna vittoria, non usciamo da una competizione sportiva. Il dolore non è scomparso», le sue parole.

Laura e Peter furono uccisi il 4 gennaio 2021. Ad insospettirsi che qualcosa fosse accaduto fu Madè, che abitava in Svizzera e non sentiva la madre da un giorno. Era il 5 gennaio. La giovane telefonò preoccupata al fratello per chiedere notizie dei genitori e quindi lo invitò a sporgere denuncia di scomparsa presso i carabinieri. Nei giorni successivi alla scomparsa, i sentieri delle montagne della conca di Bolzano e gli argini dei fiumi sono stati setacciati palmo a palmo da soccorritori e forze dell’ordine. A seguito del ritrovamento di una goccia di sangue sul parapetto del ponte che porta alla discarica Ischia-Frizzi sul fiume Adige a sud di Bolzano, iniziarono le ricerche all’interno del corso acqua. Il 6 febbraio le acque restituirono il corpo di Laura, mentre solo il 27 aprile venne ripescato il corpo di Peter. 

sabato, 19 Novembre 2022 - 21:45
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