P38-La Gang, la band che inneggia alle Br sotto inchiesta: perquisizioni in casa degli ex componenti

P38-La Gang
P38-La Gang

Quei testi non sono una provocazione artistica, ma inneggiano alle Brigate Rosse e alla lotta armata: con questa tesi i pubblici ministeri Enzo Bucarelli e Paolo Scafi hanno messo sotto inchiesta i componenti di una band musicale, la ‘P38-La Gang’, che prende il nome dalla pistola simbolo degli Anni di Piombo. Il reato contestato è istigazione a delinquere perché «inneggiavano alla violenza ed alla contrapposizione radicale contro lo Stato».

Gli uomini della Digos di Torino e i carabinieri dei Ros hanno bussato alle porte di ‘Astore’, 27 anni di Nuoro, ‘Papà Dimitri’, 34 anni di Bergamo, ‘Jimmy Pentothal’, 23 anni di Milano e ‘Yung Stalin’, 29 anni, originario di Messina, ma trasferito a Bologna. Eseguite perquisizioni. Durante le operazioni è stata sequestrata la bandiera rossa con la stella a cinque punte, con la scritta ‘Brigate Rosse’.

Contro la band (sciolta a giugno) avevano presentato esposti la figlia di Moro, Maria Fida e il figlio di un carabiniere vittima dalle Brigate Rosse, Bruno D’Alfonso, rimasto ucciso il 5 giugno del 1975 in un conflitto a fuoco durante la liberazione dell’industriale Vittorio Vallarino Gancia.

I volti e i nomi dei componenti della band non sono noti perché essi si sono sempre esibiti con dei passamontagna, celando la loro identità. Il gruppo, nato nel 2020, ha inciso un album dal titolo ‘Nuove Br’. Sulla copertina c’è l’immagine di una Renault 4 con dentro il cadavere di Aldo Moro. Nella loro pagina Facebook la foto della strage di via Fani, quando nel 16 marzo 1978 le Br, dopo aver ucciso i cinque uomini della scorta, rapirono il presidente della Democrazia Cristiana. «Bisogna riportare alla ribalta la lotta armata. Ci fosse la lotta armata, ci fosse la rivoluzione, domani io stesso sarei il primo ad andare in strada a chiedere di essere arruolato», così affermavano in un’intervista pubblicata sui canali YouTube.

«Quello che le Br volevano fare allo Stato noi lo vogliamo fare all’industria musicale», sottolineavano. Poi i testi: «vengo, spendo, sparo agli sbirri…Ferro caldo per il premier…bombe a Confindustria…Ti metto dentro una Renault 4…Ho incontrato Bruno Vespa gli ho sparato alle gambe, mi dice buonasera in un lago di sangue» e ancora «Ho un fucile puntato sulla famiglia del premier». In una canzone “Dana libera freestyle”, in solidarietà con la portavoce del movimento No Tav Dana Lauriola, facevano riferimento alla lotta contro l’Alta Velocità in Val di Susa, rappando parole come «meglio morto che carabiniere. A Chiomonte lancio bombe nel cantiere».

venerdì, 25 Novembre 2022 - 22:32
© RIPRODUZIONE RISERVATA