Il Governo cancella il Bonus Cultura per i 18enni. Renzi furioso lancia una petizione, ma Sgarbi rievoca gli episodi di truffa

Bonus Cultura

Fare cassa e sostenere settori di interesse della maggioranza. E siccome i soldi non si possono ‘inventare’, ecco che il Governo Meloni procede a carro armato su alcune misure che hanno avuto un impatto positivo sulle famiglie. La strategia è matematica: tagliare fondi e bonus per spostare il ‘pacchetto’ di finanziamenti sugli interventi sui quali il Governo intende giocarsi la partita e la faccia.

Così, a farne le spese, potrebbe essere il bonus cultura per i 18enni, fortemente voluto dal Governo Renzi e mai toccato dalla sua introduzione. Il bonus prevedeva 500 euro annui ai neo-maggiorenni da spendere per prodotti culturali, ossia teatri cinema, libri, musica e altre attività. La notizia ha fatto salire sulle barricate non soltanto pezzi dell’opposizione ma anche il mondo della cultura.

Con un emendamento l’articolo 108 alla legge di bilancio firmato dal presidente della Commissione cultura della Camera Federico Mollicone (Fdi), e dagli onorevoli Rossano Sasso (Lega) e Rita Dalla Chiesa (FI) la misura viene abrogata e le risorse risparmiate – 230 milioni di euro annui a decorrere dal 2022 – vengono destinate a una serie di altre iniziative nel campo della cultura.

I soldi del ‘bonus Cultura’ destinati ad altre misure: finanziati anche i carnevali storici

Viene incrementato, per esempio, il welfare per i lavoratori dello spettacolo con l’aumento dell’indennità di discontinuità che passa da «40 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022» a «40 milioni di euro per l’anno 2022 e 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023». Prevista l’istituzione di un “Fondo per il libro”, con una dotazione pari a 15 milioni di euro annui. Il Fondo è ripartito annualmente, con uno o più decreti del Ministro della cultura”, mentre 30 milioni vanno alle biblioteche dal 2024 e 2 milioni l’anno al Fondo rievocazioni storiche (dal 2019 al 2022) che diventano 5 milioni a partire dal 2023. Il ‘Fondo unico per lo spettacolo’, il Fus diventa ‘Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo’ ed è ‘«incrementato di euro 40 milioni a decorrere dall’anno 2023». Il Fondo cinema viene incrementato di 10 milioni e da 250 passa a 260 milioni. Cinque milioni l’anno vanno ai carnevali storici «al fine di consentire la conservazione e la trasmissione delle tradizioni popolari in relazione alla promozione dei territori». E’ «incrementata di 13,3 milioni di euro nel 2023 e di 11,5 milioni annui a decorrere dall’anno 2024» la spesa per il funzionamento dei Musei statali. E’ istituita la ”fondazione di diritto privato denominata ‘Fondazione Vittoriano’, con compiti di gestione e valorizzazione del Complesso del Vittoriano”. Previsto il sostegno di 300 mila euro all’allestimento pirotecnico per la rievocazione storica de ‘La Girandola’ di Castel Sant’Angelo a Roma.
Infine con l’obiettivo di «celebrare la vita, le scoperte e l’opera di Guglielmo Marconi nella ricorrenza dei centocinquanta anni dalla sua nascita, nonché di promuovere lo sviluppo di studi scientifici e di sperimentazioni nei settori delle telecomunicazioni, dell’innovazione e della creatività, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2023 e di 2 milioni di euro per l’anno 2024».

La protesta delle opposizioni, Renzi lancia una petizione

Alla notizia dell’emendamento alcuni esponenti delle opposizioni hanno reagito duramente. «È assurdo, è veramente assurdo: la maggioranza che sostiene il governo Meloni ha scelto di cancellare la 18App: è folle», tuona Matteo Renzi in un video pubblico su Twitter. «Quella misura lì, che avevamo voluto noi e che ci hanno copiato in Francia, Spagna e Germania, permetteva di entrare nelle librerie, di pagarsi un concerto o andare a teatro: cancellare sula cultura è sbagliato perché uccide l’idea di futuro», aggiunge. Renzi promette, quindi, ostruzionismo in Parlamento e lancia una petizione: «Firmate la petizione su http://bit.ly/petizione18app, fatela girare. Dovranno fermarsi loro, non noi».

Sulla stessa scia il Partito democratico: «Ormai contro le ragazze e i ragazzi è una persecuzione. Quella delle destre non è l’Italia del merito ma dei privilegiati», scrive su Twitter il deputato Pd Nicola Zingaretti. Per Dario Franceschini è «una cosa assurda dopo che Francia, Spagna e Germania hanno introdotto un bonus cultura esplicitamente ispirato dal nostro». Si uniscono al coro delle proteste gli esponenti del Movimento 5Stelle: «Il danno sarebbe enorme, perché le risorse a copertura di questo strumento sono state rese stabili nella scorsa legge di bilancio e gli operatori del settore contano su quegli introiti – scrivono in una nota gli esponenti del Movimento 5 Stelle in commissione cultura di Camera e Senato – Dopo la pandemia il settore culturale va sostenuto con misure che si dispiegano nel tempo, soprattutto in questa fase di crisi energetica e di calo generalizzato dei consumi. In campagna elettorale Giorgia Meloni disse testualmente ‘ai giovani è stato tolto tutto, il diritto all’educazione, alla socialità, allo sport. È nostra responsabilità restituire ai ragazzi quello che gli è stato tolto’. E invece è proprio lei a togliere risorse per i giovani».

Non risparmiano critiche all’indirizzo del Governo proprio gli operatori del settore. La condanna dell’emendamento è unanime. «Un regalo di Natale non richiesto e non gradito – commenta Sergio Cerruti, presidente di AFI, già vicepresidente di Confindustria cultura nonché presidente del Gruppo Media, Comunicazione e Spettacolo di Assolombarda – la cancellazione delle risorse destinate alla ‘18App’ non crea un danno solo alle imprese culturali e creative del nostro Paese, già abbastanza penalizzate dalla crisi economica e dal calo dei consumi, ma colpisce in particolare i giovani ai quali – a detta dello stesso premier – è già stato tolto tutto, lasciamogli almeno il diritto alla cultura». Cerruti chiede quindi che l’emendamento venga ritirato «almeno fino ad un prossimo incontro e confronto con le parti sociali, tanto più se si considera che l’industria musicale e dell’audiovisivo stava tentando di riportare all’attenzione del nuovo Governo l’ormai noto tema legato al disequilibrio delle aliquote IVA sui prodotti culturali, questione forse prioritaria visto l’attuale disallineamento con le Direttive dell’Unione Europea in tema».

Polemiche dall’indotto culturale

Esprime «fortissima preoccupazione» il presidente dell’Associazione Italiana Editori, Ricardo Franco Levi. «Proprio nel momento in cui l’Europa ci sta copiando una misura che aiuta le famiglie e rilancia i consumi culturali facendo leva sulla domanda dei più giovani, non riusciamo a comprendere la logica e non possiamo condividere il contenuto di questo provvedimento. Confidiamo che ci possa essere un ripensamento», sottolinea Levi. Gli fa eco Enzo Mazza Ceo della Fimi per il quale l’emendamento «è uno schiaffo ai giovani già penalizzati da assenza politiche per le nuove generazioni. Un danno enorme per la cultura. Il bonus per anni è stato un successo che ha avvicinato i ragazzi a libri, musica e film tanto da essere copiato da paesi come Francia, Spagna e Germania».

Tuttavia la maggioranza di Governo non batte ciglio. Se il ministro per la Cultura Gennaro Sangiuliano si leva dall’evidente imbarazzo con un laconico «deciderà il Parlamento», il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi fa la voce grossa e giustifica l’emendamento con i diversi episodi di truffa accertati dalla Finanza attraverso un uso distorto del bonus Cultura. «Le false fatture per acquisto di libri scoperte dalla Guardia di Finanza inducono ad evitare una indistinta elargizione per garantire la reale circolazione di libri ai giovani destinatari del contributo. Esso infatti non va consegnato nelle mani dei singoli e incontrollabili utenti, e neppure si può pensare che il ministero o le scuole possano genericamente donare i libri equivalenti alla dote finanziaria stabilita, ma che i librai, promotori e animatori di cultura, abbiano un bonus che potranno poi rendicontare garantendo l’effettiva distribuzione di libri a scelta dei giovani, fino al raggiungimento della cifra garantita dallo Stato. In sostanza niente soldi in dono, ma libri in dono, con una lista documentabile di titoli distribuiti a richiesta dei giovani. Non è una forma di diffidenza ma un analogo risultato ottenuto senza rischi di deviazione del denaro ad altri scopi. Un giovane potrà così desiderare e acquisire 200, 300, 400 euro di libri fino a consumare il suo bonus, senza mercanteggiare a fronte di fatture concordate. Mi pare che anche Franceschini lo possa capire. Il bonus viene dunque trasformato in una sorta di abbonamento ai libri che desideri e potrai ritirare in libreria».

sabato, 10 Dicembre 2022 - 11:55
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