Riforma Cartabia, i pm lanciano Sos sui reati perseguibili a querela: «Ora impunità totale». Ma c’è chi va controcorrente

Tribunale aula

Gli effetti della legge Cartabia sui pm: impazzano le polemiche, sul tema della procedibilità. Secondo alcuni inquirenti, si annunciano danni gravi, a causa della riforma del processo penale, una cui parte è in vigore dal 30 dicembre. Tra gli aspetti allarmanti, appena divenuti vigenti, ci sarebbe l’ampliamento del catalogo di reati procedibili a querela della parte offesa. Il timore è di veder attenuata la risposta penale, creando sacche di impunità, per un mix di fattori interni ed esterni al procedimento. Ma, tra i pubblici ministeri, non tutti condividono le paure dei colleghi.

Leggi anche / Avvocati di Napoli al voto, il Coa schiacciato dal maxi-debito si rinnova: liste, outsider e indipendenti singolari | Tutti i candidati

«La riforma Cartabia – sostiene Eugenio Albamonte, pm a Roma ed ex presidente dell’Asssociazione nazionale magistrati -, sta già avendo effetti nel lavoro delle Procure lasciando esposte le vittime, anche quelle che hanno subìto un semplice borseggio. A mio modo di vedere la modifica per alcune fattispecie, prima erano perseguibili d’ufficio e ora solo previa querela come ad esempio il furto aggravato, può avere un impatto anche dal punto di vista sociale».

Tra le fattispecie per cui, da adesso, vale il regime di procedibilità a querela: lesioni personali colpose stradali gravi o gravissime (se non ricorrono circostanze aggravanti); lesioni personali dolose (la procedibilità d’ufficio resta in presenza di aggravanti, ossia se la malattia ha durata superiore ai venti giorni, quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità); sequestro di persona non aggravato (tranne che la vittima sia incapace, per età o per infermità); violenza privata (eccetto i casi di vittima incapace o con particolari aggravanti); violazione di domicilio (escludendo i casi di aggravanti o se il fatto è commesso contro persona incapace); furto, anche aggravato (eccettuate alcune aggravanti o se la persona offesa è incapace); truffa; frode informatica; appropriazione indebita. La finalità della riforma è di introdurre un “filtro”, per selezionare i casi nei quali il giudizio penale sia davvero indispensabile. L’obiettivo manifesto è ridurre il numero dei procedimenti. Ma i risultati potrebbero rivelarsi distorsivi.

Albamonte esemplifica. «Prendiamo una città come Roma in cui lavoro da anni, dove – spiega – ogni giorno si consumano tantissimi furti ai danni di turisti che trascorrono in città solo alcuni giorni. Per chi indaga diventa un lavoro improbo rintracciare le vittime una volta che sono ripartite per acquisirne la denuncia. In questo modo rischiano di restare impuniti una galassia di reati ai danni di semplici cittadini e si assisterà, tra qualche settimana, a scarcerazioni di delinquenti che abitualmente mettono in atto condotte illecite di questo tipo». Altre preoccupazioni riguardano reati come il sequestro di persona o la violenza privata. «In questo ambito il fattore ambientale è determinante – aggiunge il pm capitolino -. Si tratta di reati che avvengono in contesti criminali in cui la vittima è spesso totalmente assoggettata e denunciare diventa una scelta di coraggio perché deve vincere le paure e le intimidazioni a cui è sottoposta».

Stesso refrain dal procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli, Luigi Riello. «Mi pare che siamo di fronte a una sorta di depenalizzazione camuffata, che mette in un angolo le persone offese dichiara all’Ansa -. Non vorrei che si diffondesse la convinzione che l’unico modo per fare i processi sia quello di non farli, farli abortire, eliminarli ‘fisicamente’. Se per vedere staccati gli assegni del Pnrr dobbiamo buttare a mare i processi, io non ci sto. Rendere perseguibile a querela di parte addirittura il sequestro di persona, varie figure di furto aggravato, mi sembra concretizzare un disinteresse dello Stato per gravi rotture del ‘patto sociale’, lasciando le vittime alla mercé degli autori dei reati che – nelle zone infestate dalle mafie – avranno terreno fertile nel dissuadere le vittime a querelare. D’altro canto ciò crea problemi, per esempio, per i processi direttissimi – reperire in tempo utile parti offese, talora legali rappresentanti di società – , come recenti vicende, assurte alla ribalta della cronaca, dimostrano».

Per Riello «i tempi biblici della nostra Giustizia sono certamente inaccettabili e non degni di un Paese civile e moderno. Ma le ‘raccomandazioni’ della Commissione europea riguardavano la scarsa efficienza del sistema giudiziario italiano, le lentezze procedurali, i mancati filtri agli appelli, la necessità di abbattere fortemente l’arretrato». Dunque «era necessaria – quanto al processo penale – una riforma strutturale da tempo reclamata che coinvolgesse soprattutto i tempi, il sistema delle impugnazioni, e anche le complicazioni relative ai tanti adempimenti formalistici, etc. La strada scelta è stata quella positiva, che apprezzo, di modernizzare, di digitalizzare il processo, di realizzare nuove assunzioni di personale. Non mancano altri profili decisamente apprezzabili. Ma quanto alla perseguibilità a querela di molti reati, se per taluni posso concordare, francamente per altri, di particolare gravità ed allarme sociale, no».

Le stesse considerazioni sono condivise dai vertici distrettuali della magistratura giudicante. «Da qui a tre mesi – dice Giuseppe De Carolis di Prossedi, presidente della Corte d’appello di Napoli, interpellato dall’edizione napoletana di Repubblica – una massa di fascicoli finirà nel nulla e, di conseguenza, avremo un’impunità totale per numerosi reati. Questa è una realtà oggettiva».

Tra i vertici degli uffici inquirenti, tuttavia, c’è chi la pensa in modo opposto. «Il tema secondo me è inesistente – taglia corto Giuseppe Amato, procuratore capo di Bologna -, è una polemica di lana caprina, perché i benefici introdotti dalla riforma Cartabia, ampliando la platea dei reati procedibili a querela, sono sicuramente maggiori. Se un turista viene borseggiato e denuncia l’episodio, l’operatore di polizia sa che ora dovrà subito spiegare che è procedibile a querela, che comunque è quasi sempre contestuale. Per quanto riguarda i fascicoli già aperti invece, gli uffici giudiziari dovranno ricontattare le persone offese solo se è pendente una misura cautelare». La polemica, però, resta incandescente.

martedì, 10 Gennaio 2023 - 15:59
© RIPRODUZIONE RISERVATA