Messina Denaro, perquisizioni a caccia di covi e fiancheggiatori. Polemica su nipote-avvocato, Caiazza: «Prevale il ruolo»


Perquisizioni a tappeto anche oggi, a Campobello di Mazara e non solo, nell’ambito delle indagini sull’arresto del boss Matteo Messina Denaro. Stamane sono stati controllati l’abitazione di un legale, l’avvocato Antonio Messina, che si trova in via Selinunte, di fronte la casa di Salvatore Messina Denaro, fratello del boss, già perquisita lunedì scorso. L’abitazione estiva del legale a Torretta Granitola, sul litorale di Mazara del Vallo, nei pressi della sede dello Ias Cnr e un altro immobile in via Galileo Galileri a Campobello di Mazara. I carabinieri hanno svolto attività pure nella casa della madre di Andrea Bonafede, prestanome di Matteo Messina Denaro, a Campobello di Mazzara.

Ma il boss, detenuto al 41 bis, stamani si è sottoposto al primo ciclo di chemioterapia nell’ambulatorio realizzato ad hoc nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila. Secondo quanto si è appreso, Messina Denaro è in buone condizioni fisiche e psicologiche, non avendo avuto reazioni collaterali dopo le oltre tre ore di cure. Fonti sanitarie dell’Asl aquilana hanno cercato di smorzare le polemiche divampate per le attenzioni al paziente mafioso, che molti sarebbero da privilegiati: «Le cure in carcere costituiscono un modello virtuoso, nulla è stato distolto dall’assistenza normale».

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RESTA IN CARCERE L’AUTISTA DEL BOSS
Resta in carcere, frattanto, Giovanni Luppino, l’autista che ha accompagnato Matteo Messina Denaro nella clinica La Maddalena di Palermo a bordo della sua Fiat Bravo, per effettuare un ciclo di chemioterapia. L’uomo è accusato di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa.

A lui era affidato l’incarico «assegnato a persone di massima fiducia, in grado di garantire segretezza, sicurezza ed affidabilità degli spostamenti» del super latitante. Secondo quanto emerge nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Fabio Pilato, Luppino sarebbe «custode di segreti e prove». Il compito di accompagnare «il vertice assoluto dell’organizzazione criminale, costretto a destreggiarsi in un trentennale stato di latitanza» è «estremamente delicato e strategico nell’organizzazione di cosa nostra». All’autista, il ricercato avrebbe consegnato il suo sfogo prima di essere arrestato. «È finita» gli avrebbe detto Messina Denaro.

Nelle tasche di Luppino rinvenuti «un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 cm e due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti». L’autista del boss non si è avvalso della facoltà di non rispondere ma «ha fornito la sua versione dei fatti palesemente inverosimile». Infatti ha dichiarato «di ignorare la vera identità del Messina Denaro, specificando che, circa sei mesi addietro, il suo idraulico di fiducia, Andrea Bonafede, glielo aveva presentato indicandolo come un suo cognato, di nome Francesco. Dopo quel brevissimo incontro, durato appena una manciata di minuti, non lo aveva più visto né incrociato, fino alla mattina del 16.1.2023 quando il tale Francesco, sedicente cognato di Andrea Bonafede, si era presentato all’alba (ore 5,45 del mattino) per chiedergli la cortesia di accompagnarlo a Palermo, dovendo sottoporsi a delle cure mediche in quanto malato di cancro». Per il legale di Luppino, avrebbe accettato di condurlo in clinica «per solidarietà umana».

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LA POLEMICA SULLA NIPOTE AVVOCATO

In questa vicenda «certamente prevale la qualità e la funzione del difensore sul rapporto parentale». Così l’avvocato Giandomenico Caiazza, presidente delle Camere Penali, si esprime sulla polemica sorta intorno al mandato difensivo, conferito da Matteo Messina Denaro all’avvocato Lorenza Guttadauro, figlia della sorella.

«Le restrizioni disposte dal regime carcerario nei rapporti con i parenti riguardano figure neutre, in questo caso si tratta del difensore e quindi questo aspetto è per così dire ‘assorbito’ – aggiunge Caiazza -. Lei è il difensore, punto, il resto non conta ma proprio perché parente dovrà essere ancora più rigorosa nel svolgere il suo compito». Dopo avere svolto il praticantato nello studio di un penalista fino al 2011, Lorenza Guttadauro ha avviato un’autonoma attività professionale. Ha già svolto assistenza legale per altri familiari: la zia Anna Patrizia (l’altra sorella del boss di Castelvetrano), il fratello Francesco e il marito Girolamo Bellomo, detto Luca. Indicato come uomo d’affari, Bellomo era stato arrestato nell’ambito dell’operazione Eden 2 con l’accusa di avere curato gli interessi del boss. A Bellomo, condannato in appello a 10 anni, è stato attribuito il ruolo di un “rappresentante” degli “affari” di Messina Denaro nel tessuto economico del Trapanese. Il padre di Lorenza Guttadauro, Filippo, è stato arrestato nel marzo del 1994 e condannato per associazione mafiosa a 14 anni.

Per il comandante del Ros, Pasquale Angelosanto, comunque «siamo in presenza di un vuoto normativo. Il difensore è tutelato dalla legge proprio per l’esercizio del suo mandato di difesa. Se c’è questo aspetto che potrebbe far pensare a un tentativo di aggiramento del 41 bis ci troviamo di fronte a una difficoltà oggettiva».

venerdì, 20 Gennaio 2023 - 21:55
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