La giustizia canonica si velocizza e si apre al mondo dei social network. Lo scenario emerge dalla cerimonia di inaugurazione dei Tribunali Ecclesiastici del territorio afferente la Curia di Napoli (in foto, in piedi, l’arcivescovo Mimmo Battaglia). Un impulso in tale direzione è arrivato, negli anni scorsi, da Papa Francesco. Il pontefice è stato autore di uno specifico motu proprio, per riformare l’attività degli uffici giudiziari.
«Presso il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo, negli ultimi anni – spiega la relazione di apertura dell’anno giudiziario -, è stato sostenuto uno sforzo non solo per tentare di dimostrare ai fedeli la prossimità delle istituzioni ecclesiastiche, ma anche e soprattutto la semplicità di accesso alle strutture giudiziarie e la velocità dei processi. Alla data attuale, una causa senza particolari difficoltà o eccessiva animosità presso il nostro Tribunale ha una durata inferiore ad un anno, soprattutto nei casi in cui non c’è bisogno di una relazione peritale». Dal deposito del libello, l’atto introduttivo di un processo canonico, «la pratica procede in tempo reale, ed anche le istruttorie sono praticamente immediate; nella maggioranza dei casi, la velocità dello svolgimento dell’istruttoria va a contrastare con i tempi di attesa per la pubblicazione e per la conclusione». Ecco perché, «specificamente per questi motivi si è deciso di inserire nel Regolamento del Tribunale (…) il dimezzamento di questi termini processuali, che diventano molto spesso eccessivi».
I numeri, per il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Partenopeo (Teip), parlano di una pendenza di circa 220 cause. «Questo valore – afferma la relazione – è molto simile al numero di pratiche definite ogni anno dal Teip, e ciò concretamente comporta che il Tribunale ogni anno definisce lo stesso numero di cause che mette a ruolo. Ed a proposito delle cause messe a ruolo, fa ben sperare la circostanza per cui nel 2022, nonostante le difficoltà ancora create sia dal Covid che dai problemi economici inevitabilmente legati alla situazione internazionale, il numero di cause messe a ruolo sia uguale a quelle dell’anno precedente».
Le cause incardinate in primo grado, l’anno scorso, sono state 137. Quelle definite 189: 175 decise affermativamente, 11 negativamente, 3 archiviate. La pendenza a inizio 2022 era di 278 cause, a fine anno di 226. Tra le novità, «nel corso del 2022 presso il Teip si è anche preparata una regolamentazione ed una disciplina a sé per il deposito in atti di causa di documenti provenienti da Internet e dai social networks. Il fenomeno è oramai sempre più frequente e va considerato e gestito nel rispetto assoluto della privacy e del diritto alla buona fama da parte di tutti».
In ordine alle definizioni della cause matrimoniali, il vizio del consenso più frequente è stato l’esclusione dell’indissolubilità (86 decisioni affermative, 6 negative). Si configura nel caso in cui uno dei futuri sposi – o entrambi in accordo tra loro – escluda l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, con il proposito di ricorrere al divorzio in caso di fallimento dell’unione coniugale. Tra i motivi più “gettonati”, anche il grave difetto di discrezione di giudizio (47 decisioni affermative, 5 negative). Cioè, l’assenza conclamata di maturità nelle valutazioni. Comprende tutte le forme gravi di nevrosi e di psicopatie, ma anche alcolismo e tossicodipendenza possono incidere sulla capacità di consenso. In 39 casi, inoltre, il Teip ha deciso affermativamente (2 le decisioni negative) sull’esclusione della prole. Un classico, delle cause di scioglimento matrimoniale: si verifica quando uno dei nubendi – o entrambi d’intesa fra loro – escluda di avere figli dal matrimonio, escogitando di astenersi dai rapporti intimi, o di limitarli ai periodi non fertili, determinati dai cicli biologici femminili; oppure di ricorrere ad anticoncezionali, pratiche onanistiche o abortive.
lunedì, 20 Marzo 2023 - 22:37
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