Bufera al palazzo di Giustizia di Latina. Un’inchiesta per corruzione si insinua nelle stanze della magistratura e sfocia nell’arresto di un giudice per le indagini preliminari e di due collaboratori nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria.
Il magistrato arrestato è Giorgia Castriota, 45 anni, per la quale si sono spalancate le porte del carcere. La misura è stata eseguita dalla Guardia di Finanza di Perugia. In carcere anche il consulente Silvano Ferraro, mentre ai domiciliari è stata posta Stefania Vitto. Le accuse contestate a vario titolo sono di corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.
L’inchiesta, coordinata dalla procura della Repubblica di Perugia, è partita dalla denuncia di un imprenditore della logistica che lamentava irregolarità e condotte non trasparenti da parte dei due amministratori giudiziari, con l’avallo del giudice per le indagini preliminari, nella gestione dei complessi aziendali che gli erano stati sequestrati nell’ambito di un’inchiesta per reati tributari.
Per fare chiarezza su quanto segnalato, i pm perugini hanno attivato intercettazioni, acquisito tabulati telefonici, effettuato pedinamenti e hanno proceduto all’acquisizione di documenti bancari. Questi elementi, per dirla con il gip di Perugia che ha emesso la misura cautelare, avrebbe svelato l’esistenza di «un chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione». Il gip Castriota, è l’accusa, avrebbe direttamente nominato ed agevolato il conferimento degli incarichi a persone con cui intratteneva «rapporti personali consolidati» e in cambio avrebbe percepito denaro «sotto forma di contributo mensile ed altre regalie».
Tra i regali che sarebbero stati fatti al giudice Castriota vi sarebbero «gioielli, orologi, viaggi e un abbonamento annuale per assistere in tribuna d’onore dello stadio Olimpico alle partite di una squadra calcio».
Quanto all’accusa di atti contrari ai doveri d’ufficio contestata al giudice Castriota, essa sarebbe relativa alla gestione delle società raggiunte da sequestri. In particolare omessa vigilanza o la mancata denuncia di attività illecite da parte degli ex amministratori, ma anche comportamenti volti a portare le società al fallimento per nominare curatori gli stessi professionisti, con lo scopo di mantenere il controllo sulla procedura, non perdere la fonte di guadagno e impedire che soggetti esterni potessero evidenziare le criticità o la malagestione dell’amministrazione giudiziaria.
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giovedì, 20 Aprile 2023 - 13:55
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