Strage funivia del Mottarone, la Procura chiude le indagini: in 8 verso il processo

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La cabina della funivia che collega Stresa-Alpino-Mottarone schiantatasi al suolo

Disastro della funivia del Mottarone, chiusa l’inchiesta: 8 indagati verso il processo. Nelle undici pagine dell’avviso di chiusura delle indagini notificato ieri, emerge un quadro venato di inadempienze, negligenze, superficialità. Destinatari dell’atto, oltre alle due società, sono Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto e, per Leitner, il gruppo incaricato della manutenzione, Anton Seeber, presidente del cda, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.

Le accuse contestate a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e solo per Tadini e Perocchio anche il falso. Descrivendo il contesto in cui è maturato il crollo della cabina numero 3, quel 23 maggio di due anni fa, causando la morte di 14 persone, la procuratrice della Repubblica di Verbania Olimpia Bossi e la sostituta Laura Carrera non usano giri di parole. Secondo gli inquirenti, Tadini e Nerini facevano viaggiare la cabina caduta con i forchettoni inseriti, pur sapendo che non era consentito, mentre Nerini «chiedeva ai lavoratori di svolgere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persisteva un pericolo grave e immediato».

Tadini «non effettuava i controlli a vista mensili», Nerini non vigilava sull’adempimento da parte di Tadini dei propri compiti. E sempre Nerini «non manteneva l’impianto in buono stato di efficienza per la sicura circolazione». E poi Perocchio «non programmava e predisponeva i controlli a vista mensili d’intesa con l’esercente e in ogni caso, non verificava che tali controlli fossero stati regolarmente eseguiti».

Una catena di omessi controlli, primo fra tutti quello mensile sulla fune. Anomalie e piccoli incidenti spia di qualcosa che non andava, nascosti e mai annotati sui registri dell’impianto. Mancati o insufficienti investimenti, anche sul personale, pur di risparmiare e guadagnare senza badare nemmeno a conflitti di interesse. Per la Procura di Verbania queste condotte configurano un «disegno criminoso» attuato «con più azioni esecutive», alla base del disastro. La Leitner parla di «grande stupore» per «la chiusura delle indagini», respingendo gli addebiti. Chiesta, inoltre, l’archiviazione per 5 tecnici delle aziende che, in subappalto, si sono occupate dei controlli e di colui che ha realizzato la testa fusa relativa alla cabina poi precipitata.

sabato, 20 Maggio 2023 - 22:05
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