Tornano alla Camera dei deputati gli atti del processo disciplinare all’ex parlamentare Cosimo Ferri che deve rispondere di «comportamento gravemente scorretto» per la riunione del 9 maggio 2019 all’hotel Champagne, con l’ex pm Luca Palamara, Luca Lotti e cinque consiglieri del Csm allora in carica, sulla nomina del procuratore di Roma.
Montecitorio dovrà nuovamente pronunciarsi sulla richiesta del Csm di utilizzare nel procedimento le intercettazioni che riguardano Ferri, all’epoca deputato, captate con il trojan inoculato nel cellulare di Palamara, allora indagato dalla procura di Perugia. Un anno fa la Camera aveva negato il via libera ma quella decisione è stata annullata dalla Corte costituzionale, perchè fondata su un presupposto sbagliato, cioè che non si trattasse di una captazione fortuita e che per questo fosse illegittima perchè avrebbe avuto bisogno di un’autorizzazione preventiva. Cosa che invece non è per la Corte costituzionale, che annullando la decisione aveva chiesto alla Camera di pronunciarsi sull’autorizzazione successiva, come avrebbe dovuto fare sin dall’inizio.
Di qui la decisione di ritrasmettere gli atti a Montecitorio della Sezione disciplinare del Csm che ha accolto la richiesta formulata dalla procura generale della Cassazione. La difesa di Ferri, oggi magistrato fuori ruolo in servizio al ministero della Giustizia, nella scorsa udienza si era opposta chiedendo che la Sezione disciplinare dichiarasse invece la inutilizzabilità delle intercettazioni. Una richiesta fondata su quanto scoperto nel corso degli accertamenti difensivi: dai pm di Perugia era stato autorizzato per le intercettazioni il server della procura di Roma, mentre in realtà il segnale captato dal trojan inoculato nel telefono cellulare di Palamara finiva a altri due server di una società privata, la Rcs, che si trovavano a Napoli.
martedì, 19 Settembre 2023 - 18:48
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