Ventuno condanne, con pene che arrivano sino ai 16 anni di reclusione, e sole due assoluzioni. È l’epilogo del processo di primo grado istruito per accettare la sussistenza delle accuse circa un patto scambio di voto politico mafioso a Sant’Antimo con al centro alcuni componenti della famiglia Cesaro e il clan Puca. La sentenza è stata firmata dai giudici della terza sezione penale (presidente Elvira Russo, a latere Luana Romano e Alessandro Cananzi) dopo sette ore di camera di consiglio. Undici anni di reclusione (contro i 13 anni chiesti dai pm) sono stati disposti per Antimo Cesaro, fratello dell’ex parlamentare di Forza Italia Luigi, accusato di concorso esterno in a associazione mafiosa e voto di scambio aggravato.
Nello specifico ad Antimo Cesaro la procura (pm Antonella Serio e Giuseppina Loreto) contestava l’essere stato di fatto in società con il boss Pasquale Puca nella gestione del centro Igea di cui era titolare: attraverso quella realtà, Puca reimpiego – secondo i pm – il denaro sporco e si assicurò, almeno fino al 2014, il sostentamento economico della madre e della moglie; Cesaro, in compenso, si assicurò «protezione da ogni interferenza ambientale di sorta». La seconda contestazione per quale Cesaro è stato riconosciuto colpevole dal Tribunale vuole l’imputato, in concorso con il fratello Luigi (che è sotto processo per questi fatti), colpevole di essere sceso a patti con la camorra «in occasione delle varie competizioni elettorali tenutesi a Sant’Antimo dal 2007» sino al 2017, «turbando il regolare svolgimento delle competizioni elettorali, finanziando in tutto o in parte le attività illecite di compravendita di voti, favorendo l’attribuzione degli incarichi di governo della città di Sant’Antimo a soggetti prescelti dal clan, attribuendo incarichi dirigenziali in sei ad uffici nevralgici dell’Ente locale a soggetti proni agli interessi dei predetti esponenti camorristici, ricevendo in cambio l’appoggio dei clan Puca, Verde e Ranucci nel corso delle varie competizioni elettorali».
Condannato anche Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli di Antimo e di Luigi: ciascuno dei due ha rimediato 10 anni e 6 mesi (pm: 12 anni per entrambi) per concorso esterno in associazione mafiosa. Per Aniello Cesaro si tratta della seconda condanna (non definitiva) rimediata nell’ambito di indagini sull’influenza dei Cesaro nella vita politica di Sant’Antimo e dintorni: qualche anno fa, infatti, è stato ritenuto colpevole di falso con agevolazione mafiosa nell’ambito di una indagine su presunte infiltrazioni della camorra sul Pip di Marano (fu assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa), è in corso il processo in Appello.
I giudici della terza sezione penale del Tribunale di Napoli hanno condannato a 16 anni e 7 mesi Francesco Di Lorenzo, ex consigliere comunale; 11 anni e 5 mesi per Nello Cappuccio, ex consigliere comunale; 10 anni per Claudio Valentino, ex funzionario dell’ufficio tecnico del Comune; 5 anni e 6 mesi per il capoclan Pasquale Puca; 5 anni e 6 mesi per Luigi Abbate; 13 anni e 8 mesi per Cesario Bortone; 8 anni e 7 mesi per Raffaele Di Lorenzo; 10 anni e 5 mesi per Francesco Di Spirito; 11 anni e 10 mesi per Raffaele Femiano; 4 anni per Ferdinando Pedata; 15 anni e 2 mesi per Camillo Petito; 13 anni e 6 mesi per Lorenzo Puca, figlio del ras Pasquale Puca; 11 anni per Luigi Puca (classe 1962); 11 anni e 6 mesi per Luigi Puca (classe 1995); 9 anni e 3 mesi per Alessandro Ranucci; 13 anni e 8 mesi per Filippo Ronga; 15 anni e 9 mesi per Agostino Russo; 13 anni e 4 mesi per Francesco Scarano. Due sole le assoluzioni disposte: quelle di Francesco Bellotti e di Corrado Chiariello, ex candidato sindaco, imputato per voto di scambio aggravato. Per effetto della stessa inchiesta è sotto processo Luigi Cesaro: la sua posizione all’epoca fu stralciata perché all’epoca Cesaro era parlamentare e non fu data l’autorizzazione all’utilizzo di alcune intercettazioni a sostegno dell’accusa.
venerdì, 10 Maggio 2024 - 13:18
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