Dopo un lungo processo durato oltre tre anni, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha assolto con formula piena il carabiniere Walter Intilla, in servizio all’epoca dei fatti presso il nucleo operativo di Mondragone. Il militare era stato accusato di furto in abitazione, rivelazione di segreti d’ufficio e cessione di droga ai fini di spaccio.
Le accuse erano scaturite nel 2021 nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli sui clan camorristici Longobardi-Beneduce di Pozzuoli e Carra del Rione Traiano. Intilla, che si era sempre occupato di contrasto al traffico internazionale di stupefacenti, era finito agli arresti domiciliari sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e di una presunta intercettazione telefonica che, però, si è poi rivelata priva di riferimenti diretti al carabiniere.
Durante il processo, è emerso infatti che l’intercettazione – registrata in auto sei anni fa – non riportava il nome del brigadiere e che la frase incriminata, “Si stanno facendo le braciole” (interpretata come un’allusione ai profitti derivanti dalla vendita di droga), era stata trascritta in modo errato nei brogliacci senza alcun collegamento all’imputato. Inoltre, i collaboratori di giustizia sentiti in aula non sono stati in grado di confermare le loro precedenti dichiarazioni né di ricordare dettagli rilevanti a sostegno delle accuse.
La posizione del militare era stata inizialmente collegata a un filone dell’inchiesta incentrato sul controllo del mercato della droga tra camorra, gruppi nigeriani e albanesi. Tuttavia, quel segmento investigativo si è poi distaccato dal troncone principale, finendo per sgonfiarsi nel corso del dibattimento.
Fondamentale per la difesa è stato il lavoro dell’avvocato Paolo Giustozzi, che ha dimostrato l’inconsistenza delle prove e l’inaffidabilità della trascrizione della telefonata. Ha inoltre ricordato in aula il costante impegno di Intilla nelle indagini sul traffico di stupefacenti nell’area di Castel Volturno.
Alla luce degli elementi emersi, lo stesso pubblico ministero della Procura sammaritana, Giacomo Urbano, ha chiesto l’assoluzione per tutti i capi d’accusa. I giudici, presieduti da Antonio Riccio, hanno accolto la richiesta, ponendo così fine alla vicenda.
Dopo tre mesi di arresti domiciliari e un anno di sospensione dal servizio, il brigadiere è rientrato in servizio, scagionato da ogni addebito.
domenica, 7 Luglio 2024 - 12:17
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