Il voto della Camera era una mera formalità. Per evitare sorprese, il Governo appena 48 ore fa aveva ottenuto la fiducia (con il voto di martedì 6 agosto, giunto dopo le 23), mettendo di fatto l’ipoteca sul testo ma non sulle polemiche. Polemiche aspre.
Con 153 sì, 89 no e un astenuto, l’Aula della Camera approva in via definitiva – nella giornata di ieri, mercoledì 7 agosto – il decreto carceri (che così diventa legge) e lo fa poco dopo una notizia fatta trapelare da Palazzo Chigi che crea sconquasso. Mentre è in corso il voto, la premier Giorgia Meloni riunisce parte del Governo, dal Guardasigilli Carlo Nordio al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: sul tavolo del vertice l’emergenza carceri, che resta «una priorità» per l’esecutivo. Una proprietà che spinge Nordio, a voto ancora in corso alla Camera, ad annunciare la richiesta di incontro al presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’emergenza sovraffollamento e ad assicurare la riforma della custodia cautelare, auspicando che le opposizioni non facciano barricate ma collaborino.
È il putiferio. Dalle opposizioni leggono il “vertice” convocato dalla premier come la conferma che «il Parlamento per il governo non vale nulla, è esautorato» e per questo chiedono una informativa urgente della presidente del Consiglio e del ministro della Giustizia. «Dopo l’ennesima presa in giro a favore di telecamera da parte del governo, dopo le dichiarazioni del ministro della Giustizia che dice di aver illustrato alla presidente del Consiglio le misure urgenti da adottare per le carceri, certificando di fatto l’inutilità del decreto carceri appena varato, chiediamo che la presidente del Consiglio e il ministro Nordio vengano in Parlamento a riferire, subito o domattina. Se non vogliono discutere della nostra proposta di legge ci dicano quali sono le loro alternative di fronte alla Camera, non alle telecamere», dice la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, intervenendo in Aula dopo la votazione che rimanda in Commissione la pdl Giachetti sulla liberazione anticipata. È la coda di un’aspra polemica che ha infiammato l’Aula prima del via libera al decreto carceri.
Uno dei momenti più caldi è quello relativo all’ordine del giorno di Marco Lacarra al decreto carceri in difesa delle detenute madri. A questo ordine del giorno il Governo dà il parere favorevole, poi quando Lacarra spiega di non accettare la sottoscrizione della leghista Simonetta Matone succede di tutto. «Non accetto la sottoscrizione della collega Matone, pur stimandola personalmente, perché è in palese contraddizione con quanto da lei dichiarato nel corso della Commissione che esaminava gli emendamenti del Ddl Sicurezza», spiega Lacarrra. Si rivolta Matone, si rivolta il Governo che ritira il suo parere favorevole. E, di conseguenza, si rivoltano le opposizioni. I parlamentari di Avs mostrano dei cartelli con su scritto “Fuori i bambini e le bambine dalle carceri”, “Stop sovraffollamento”, “Dignità nelle carceri”. Maria Elena Boschi (Iv) è una furia: «Con quale coraggio con il disegno di legge sicurezza, sostenuto da Lega e Fratelli d’Italia e su cui Forza Italia si è salvata la faccia non partecipando al voto solo perché irrilevante, si cambia una norma del 1930 più garantista di quello che state facendo voi e che prevedeva il rinvio del carcere per le donne incinte e quelle con bambini di meno di un anno? Voi le mandate in carcere con orgoglio, come se il carcere fosse un centro termale», dice.
E aggiunge: «Matone non fotografa la realtà. Le detenute madri non sono in maggioranza Rom, il racconto che va bene per i talk show è ora che finisca. Nell’ordinamento democratico non si fanno norme razziali che riguardano i rom o chiunque altro. E noi nelle carceri ci andiamo, lì ci sono bambini che non hanno mai giocato con altri bambini e che conoscono solo la realtà del carcere. Il tema non è cosa ha fatto la madre, ma il diritto dei bambini. Quello che state facendo è contro ogni convenzione internazionale sul diritto dei minori. Rivendicarlo sulla base di quello che accade nelle metropolitane fa accapponare la pelle». «Dovreste mettere soldi sulle case protette, per fare un investimento sul futuro dei bambini. In quel modo forse ci saranno meno delinquenza e meno recidive ma sicuramente avremo cresciuto le persone in condizione di dignità», conclude Boschi. Poco prima Matone, per difendersi, aveva dichiarato: «La Lega non ha mai voluto mandare i bambini in carcere, ma bensì, proteggere le donne costrette dalla organizzazione che vige all’interno dei campi nomadi, proteggere queste donne sfinite dalle gravidanze, massacrate di botte se non tornano con il bottino a casa, proteggerle da un sistema piramidale che configura associazioni verticistiche criminali… Capisco l’irritazione, ma quello che è contenuto in ciò che è stato votato nella Commissione giustizia è altro. La fattispecie è: ti presenti davanti al magistrato con 30-40 precedenti per furto aggravato, quel magistrato ragiona sulla tua condizione personale ed esistenziale e ti manda in un Icam. Il quesito che io pongo all’opposizione è: meglio stare dentro la metropolitana a rubare, al settimo mese di gravidanza, o è meglio stare in un Icam, con il medico, il puericultore, il ginecologo?», è stata l’osservazione dell’ex magistrato tra gli applausi del centrodestra. «Io voglio sapere quanti di questi che si indignano sono mai entrati in un campo rom, magari col tacco 12…», ha ironizzato Matone.
Parole dure sono state profferite anche da Debora Serracchiani (Pd): «Mi verrebbe da domandare a quest’Aula quando arriveranno le leggi razziali, perché credo che qui stiamo andando verso questo… Io credo che non si possa sostenere che si proteggono le donne e che si dà maggior sicurezza ai cittadini, mettendo le donne e i bambini in carcere. Questa è una vergogna. Ed è una vergogna che dovrebbe richiamare alle coscienze di tutti, non soltanto dell’opposizione». Lo scontro è intenso, il decreto carceri intanto è legge.
giovedì, 8 Agosto 2024 - 09:20
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