Napoli, ingegnere ucciso: il marito dell’eroina antiracket inizia a collaborare con la giustizia, svolta al processo

aula tribunale

È una svolta clamorosa quella che, ieri, si è registrata nel processo – in corso dinanzi ai giudici della prima sezione della Corte d’Assise di Napoli – sull’omicidio di Salvatore Coppola, l’ingegnere dal passato ingombrante assassinato nel parcheggio del supermercato Decò in via Protopisani a San Giovanni a Teduccio la sera del 12 marzo. L’imputato accusato di essere il mandante del delitto ha revocato il suo avvocato, il legale Antonio Bucci, e ha nominato un legale che per la maggior parte dei casi assiste collaboratori di giustizia. Non solo, ha già reso un primo interrogatorio, non ancora depositato. Ma ciò che rende ancora pie forte questa storia è l’imputato in questione: il suo nome è Gennaro Petrucci, 73 anni di Portici, ed è il marito di quella che agli inizi degli anni Duemila fu definita eroe antiracket. Gennaro Petrucci è il marito di Silvana Fucito, la donna che aveva denunciato alcuni malavitosi del quartiere San Giovani a Teduccio di Napoli a seguito di un incendio (19 settembre 2002) che distrusse un’attività commerciale di famiglia (un negozio di vernici); la donna che si ritrovò al fianco di Tano Grasso nell’esplosione delle attività antiracket in Campania e la cui storia è stata celebrata nel film tv “Il coraggio di Angela” con Lunetta Savino trasmesso sulla Rai. Nel 2005 il settimanale Times la inserì nella lista dei 37 eroi europei.

Era un simbolo, Silvana Fucito. Un simbolo che però si è offuscato già dieci anni fa, quando un’inchiesta della procura della Repubblica di Napoli per frode fiscale si abbatté su di lei e sul marito. Silvana Fucito fu indagata e si dimise dall’incarico di coordinatrice regionale delle associazioni antiracket in Campania, il marito fu arrestato. Poi, a inizio 2024, sono arrivate nuove nubi con l’arresto del marito per l’omicidio di Coppola. Petrucci – che è detenuto in carcere dal maggio scorso in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare – è accusato di essere il mandante del delitto, mentre l’altro imputato – il 64enne Mario De Simone – è accusato di avere premuto il grilletto in cambio di un compenso di 20mila euro, somma che non sarebbe neanche stata interamente saldata (Petrucci avrebbe infatti pagato solo i primi 4mila euro). In questa indagine non è stata indagata Silvana Fucito.

Secondo gli inquirenti (le accuse sono sostenute dai pm Raimondi, Sepe e Rossi), Petrucci avrebbe commissionato il delitto a De Simone (difeso dall’avvocato Melania Costantino) perché riteneva Coppola in qualche modo responsabile della “perdita” della sua lussuosa villa con piscina e depandance a Portice, “Villa Silvana” in via de Lauzieres. La villa era finita all’asta proprio a seguito dei problemi legati all’inchiesta per frode fiscale ed era stata venduta; ad acquistarla era stata una società che Petrucci considerava gestita da Coppola e finanziata da un altro imprenditore, già coinvolto in inchieste di riciclaggio. Petrucci sporse anche denuncia per quella vendita, ritenendola in qualche modo opaca. Inoltre sempre Petrucci riteneva Coppola in qualche modo responsabile delle pressioni ricevute per abbandonare la villa dopo la vendita. Rispetto a questo scenario accusatorio sia Petrucci che De Simone si erano sempre professati innocenti, ma adesso la decisione di Petrucci di avviare un percorso collaborativo con la giustizia potrebbe aprire una nuova direzione.

giovedì, 5 Dicembre 2024 - 17:46
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