Sull’azione del Governo nazionale a Caivano si è ricreduto e, nella schiettezza che lo contraddistingue, non esita a dirlo: «Non è stato uno spot. Anche io all’inizio pensavo sarebbe stato uno spot, vedevo tutti quei ministri e pensavo fosse un’esagerazione. Poi ci sono stato più volte e devo dire che a Caivano sono state fatte cose concrete». Ma sugli interventi in materia giustizia, quelli fatti e quelli neanche pensati, non cambia idea: così non va. «State facendo solo un sacco di riforme che ci stanno facendo perdere tempo», taglia corto.
Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, non le manda a dire nell’audizione, tenutasi mercoledì scorso, dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Battibecca con alcuni parlamentari del centrodestra ma lo scontro verbale più duro è con Debora Serracchiani del Pd, alla quale rimprovera, in maniera sarcastica, che anche «il governo dei migliori» (ossia quello guidato dal Pd) sulla giustizia ha fatto – a suo avviso – pasticci. L’intervento di Gratteri è a pioggia, anzi «a volo di uccello» dice lui. Perché tocca davvero tanti punti, incluso quello del divieto, imposto ai giornalisti, di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare (se non nella forma del riassunto e senza virgolettati) fino al rinvio a giudizio. «Io non sono d’accordo su questa riforma Nordio che limita ulteriormente la pubblicità. Io penso che sia un’involuzione democratica e che i cittadini hanno il diritto di sapere cosa accade sul loro territorio – spiega -. Oggi i giornalisti che fanno cronaca non riescono più a fare questo mestiere. Io penso che era più tranquillizzante che i giornalisti potessero pubblicare un pezzo di ordinanza di custodia cautelare anziché fare la sintesi. Rischiano di fare errori o di scrivere cose inesatte, quindi non c’era assolutamente bisogno di questa riforma». Per Gratteri, dunque, «già bastava la riforma durante il Governo Orlando».
E a Maurizio Gasparri che replica tirando in causa il tema degli “abusi” delle intercettazioni, Gratteri risponde piccato: «Ogni volta che c’è un abuso non bisogna cambiare la legge, ma cacciare la persona che fa l’abuso». Un principio, quest’ultimo, che Gratteri richiama anche quando affronta il tema dei magistrati e delle intercettazioni, altro aspetto oggetto di riforma sul quale il procuratore di Napoli storce il naso. «Sulle intercettazioni il ministro Nordio ne fa una questione economica e basterebbero i dati per dargli torto – incalza -: a Napoli, in un anno, ho speso 5 milioni per ascoltare i criminali e questo ha permesso di sequestrare, quindi di ridare allo Stato, 600 milioni. Con le intercettazioni lo Stato ci guadagna. Con due mesi di intercettazioni, io ho sequestrato 35 milioni di bitcoin che sono in fondo unico della giustizia». Invece adesso per Gratteri ci si ritrova ad avere a che fare con una norma che complica le indagini. Il procuratore di Napoli lo spiega con un esempio pratico: «Se sto conducendo un’indagine per droga e un pubblico amministratore entra in un locale per acquistare droga e in quel contesto confessa al suo fornitore un reato di corruzione, io non posso usare quella intercettazione. Ma – aggiunge – se in quel locale, mezz’ora dopo, entra un tizio che compra la droga per poi rivenderla, e confessa il furto di una bottiglia di liquore nel supermercato vicino, io posso usare quella intercettazione. Ma vi sembra normale?». Non solo: per Gratteri il tema dell’abuso delle intercettazioni evidenziato da Gasparri è un “falso tema”: «Le procure non possono trascrivere intercettazioni che riguardano la vita privata degli indagati: se noi trascrivessimo le intercettazioni della vita privata degli indagati, avremmo migliaia di divorzi in Italia. Noi possiamo trascrivere solo intercettazioni che riguardano il corpo dell’accusa». Ad ogni modo, insiste Gratteri rivolgendosi ai parlamentari di centrodestra presenti, «nel momento in cui scoprite che un magistrato abusi perché non si apre un procedimento disciplinare, perché non si usa il potere ispettivo? Gli abusi sono sanzionati».
Ecco, dunque, che Gratteri usa la bacchetta: «State facendo solo un sacco di riforme che ci stanno facendo perdere tempo». Invece la riforma che Gratteri chiama «la madre di tutte le riforme» e della quale ci sarebbe bisogno è la riforma del Csm. «La riforma Cartabia non ha indebolito le correnti all’interno della magistratura e del Csm, ha aumentato solo la spesa perché ci sono 10 unità in più nel Csm. Se il sistema continua a non funzionare, io ritengo che il male minore sia il sorteggio secco. A questo sorteggio non possono partecipare i magistrati che hanno precedenti penali, disciplinari e pendenti». E il sorteggio, aggiunge Gratteri «va fatto anche per i componenti laici, ossia con i professori universitari e con gli avvocati». «Solo così – è la convinzione di Gratteri – si può neutralizzare il potere delle correnti». Un potere che secondo Gratteri si è fatto sentire anche in occasione del caso Palamara, impedendo alla magistratura uno scatto di dignità e di orgoglio che sarebbe stato invece necessario, soprattutto per lanciare un segnale all’opinione pubblica, dopo quanto accaduto. «Dopo il caso Palamara, tutti i magistrati del Csm si sarebbero dovuti dimettere. Invece la gente ha visto un’autoconservazione della specie», dice Gratteri. E il fatto che i magistrati non si sono dimessi in massa «ha consentito alla politica di tirare ad altezza uomo».
Infine, un suggerimento su possibili interventi sul 41bis, il regime di carcere duro. «Oggi il 41bis è più uno slogan – premette -. In questo momento ci sono 730 detenuti al 41bis spalmati su 11 carceri. Ogni carcere ha una sua interpretazione del 41bis. C’è chi applica in modo ortodosso la norma e chi la interpreta in modo fantasioso. Così c’è il detenuto che sta meglio e chi sta peggio». Inoltre , aggiunge Gratteri, «il 41bis, da certi punti di vista, è un privilegio: hai cella singola, ti puoi iscrivere all’università e hai tutto il tempo per studiare senza essere disturbato». Per Gratteri la soluzione è quella che «propongo da 20 anni»: «Fare solo 4 strutture dedicate, perché le carceri attuali sono un adattamento per il 41bis». «Ora ne esiste una sola di strutture dedicate in Sardegna e una a Cagliari che non si riesce ad aprire e il perché è un mistero», dice ai parlamentari presidenti in Commissione invitandoli a verificare e a prendere provvedimenti. Altra nota dolente delle carceri, prosegue Gratteri, è l’alta sicurezza. «Il problema principale delle carceri è che l’alta sicurezza non funziona. Nelle carceri le celle sono aperte, e se le celle sono aperte è l’alta sicurezza che comanda». «Io sarei molto più rigoroso nell’applicare il 41 bis – conclude -, ma il sistema e l’alta sicurezza devono funzionare».
sabato, 18 Gennaio 2025 - 09:55
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