
Nel corso del suo lungo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, Carmine Foreste, ha presentato un dossier sull’emergenza sovraffollamento nelle carceri italiane, con dati allarmanti «che determinano un trattamento disumano e degradante, che viola la Costituzione e va affrontato con provvedimenti incisivi, come l’indulto». Come hanno denunciato diversi suoi colleghi in tutta Italia questa mattina, che si sono agganciati anche all’iniziativa di Papa Francesco che ha disposto l’apertura delle Porte del Giubileo al carcere di Rebibbia, Foreste ha parlato di «una drammatica emergenza nazionale che può essere risolta solo con il ricorso a provvedimenti svuota-carceri, come amnistia e indulto».
«L’indice di sovraffollamento dei penitenziari italiani è arrivato al 132,05%, raggiungendo livelli di allarme che non si verificavano dal 2013, ovvero dall’anno dalle condanne inflitte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – ha illustrato Foreste -. Sono attualmente 61.852 le persone ristrette negli istituti italiani, di cui il 25% in custodia cautelare. L’altissima densità di detenuti trasforma i penitenziari in vere e proprie polveriere, dove il rispetto della dignità umana e la funzione rieducativa della pena, garantita dall’articolo 27 della Carta Costituzionale, vengono quotidianamente violati». «Nel corso del 2024, ottantotto detenuti si sono suicidati, di cui circa la metà ancora in custodia cautelare, in attesa di giudizio di primo grado – ha aggiunto Foreste -. Nei primi giorni dell’anno 2025, già sei persone si sono tolte la vita in carcere, tra loro quattro erano ancora in attesa di giudizio. Abbiamo l’obbligo di raccogliere gli accorati e ripetuti appelli per una soluzione urgente delle gravi problematiche legate agli istituti di pena provenienti dal Santo Padre che, con un gesto di altissimo significato simbolico, ha aperto la Porta Santa del Giubileo nel carcere romano di Rebibbia».
Secondo gli avvocati è necessario un dialogo costante con chi vive il territorio affinché si arrivi a soluzioni immediate e rispondenti alle reali esigenze attuali. «Risposte che non possono essere affidate solo alla costruzione di nuove carceri o al necessario sostegno psicologico ai detenuti», ha spiegato Foreste secondo il quale «sono necessari amnistia e indulto, quanto meno per i reati meno gravi; una depenalizzazione seria e ragionata a fronte della proliferazione schizofrenica di nuove fattispecie penali fondate su presunte “esigenze emergenziali”; una limitazione delle incriminazioni ai fatti realmente offensivi dei moderni beni giuridici costituzionalmente garantiti; un sistema sanzionatorio ancor più aperto alle misure alternative, alle sanzioni sostitutive e alla messa alla prova e, infine, una riforma e comunque un uso più ponderato delle misure della custodia cautelare in carcere, che da extrema ratio continuano ad essere forme di anticipazione della pena».
L’ultimo indulto, in Italia, risale al 2006, col governo Prodi, (il ministro della Giustizia era Clemente Mastella) e passò in Parlamento il 29 luglio con un’ampia maggioranza trasversale. Ne beneficiarono 36.741 condannati per reati commessi fino al 2 maggio di quell’anno. L’indulto fu concesso per pene detentive non superiori ai tre anni e fino a 10mila euro per le quelle pecuniarie. Anche in quel caso, fu il Papa – che era Giovanni Paolo II – a invocare atti di “clemenza” alle Camere.
sabato, 25 Gennaio 2025 - 18:46
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