La frattura è insanabile. E l’eco delle polemiche per la protesta dell’Associazione nazionale magistrati che si è tenuta sabato 25 gennaio in 26 sedi di distretto di Corte d’Appello, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, non accenna a placarsi. Giorgia Meloni ha rivendicato che «noi stiamo facendo qualcosa di perfettamente adeguato al dettato costituzionale», sottolineando che «io non trovo nella Costituzione che la giustizia non si può riformare». È una bacchettata ai magistrati. E non è l’unica. «Le proteste sono sempre legittime ma mi rammarica quest’atteggiamento dell’Anm che legge qualsiasi proposta di riforma della giustizia come una apocalisse o la fine del mondo, che bisogna sempre rifiutare senza se e senza ma non giovi neppure ai magistrati», ha aggiunto la premier. Critiche all’Anm sono piovute dal mondo politico di centrodestra, e i commenti sono stati più “forti” in relazione alla protesta consumatasi a Napoli: qui, a Castel Capuano, in rappresentanza del Governo è intervenuto il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Qualcuno si sarebbe aspettato una sorta di rispetto istituzionale verso il ruolo del Guardasigilli, invece (quasi tutti) i magistrati presenti hanno aderito alla protesta deliberata a livello nazionale e hanno lasciato il Salone dei Busti sventolando una copia della Costituzione.
«Nei confronti del ministro Nordio, è stata inscenata a Napoli una protesta gratuita e decisamente sgradevole, che più che a tutela dell’equilibrio costituzionale, sembra in difesa di interessi corporativi, se non anche di assetti di potere», ha detto il senatore di Fratelli di Italia e segretario della commissione giustizia, Sergio Rastrelli, che sabato era presente alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli. «Noi vogliamo una riforma che separi la magistratura requirente da quella giudicante perché è l’unico mezzo per ottenere un Giudice forte, autorevole e indipendente – ha aggiunto Rastrelli. Noi difendiamo una riforma che non ha nulla di punitivo, ma che intende garantire a tutti i cittadini un sistema penale moderno e funzionale, rispettoso delle garanzie di libertà sancite nella nostra Costituzione». «La sindrome dell’assedio, o l’arroccamento strumentale e fazioso delle toghe, rischia solo di privare la politica e il dibattito pubblico del qualificato contributo dei magistrati, con o senza il quale noi andremo comunque avanti», ha concluso.
Nessuno cambia idea, insomma. I magistrati sono certi che la riforma indebolirà il potere giudiziario e in modo particolare i pubblici ministeri. Alla presenza del ministro Nordio, lo ha ribadito sabato scorso anche il procuratore generale di Napoli Aldo Policastro. «La riforma che allarma tutta la magistratura perché scardina l’assetto costituzionale del potere giudiziario e in futuro può porne in pericolo fortemente l’indipendenza è certamente quella costituzionale sulla separazione delle carriere tra requirenti e giudicanti e il, consequenziale, doppio Csm con la nomina a sorte dei componenti togati», ha detto Policastro nella sua relazione. «Una scelta, la separazione, che – ha aggiunto – se motivata dalla temuta arrendevolezza dei giudici ai pubblici ministeri è platealmente smentita dalle alte percentuali delle assoluzioni, mediamente pari al 40%, che continuiamo a registrare. Ma, poi, le carriere in concreto sono già separate se solo lo 0,53%, mediamente negli ultimi cinque anni, ha cambiato funzione».
«Collegare il pubblico ministero all’esecutivo vulnererebbe indirettamente la stessa indipendenza del giudice penale e la signoria della legge, essendo già rimessa al Parlamento la formulazione di direttive sulle priorità nell’esercizio dell’azione penale, sia pure temperata attraverso i progetti organizzativi delle Procure che pure debbono essere trasmessi al ministro, e tanto più se si realizzasse anche, da taluni, la ventilata distinzione organizzativa e funzionale della polizia giudiziaria dal pubblico ministero», ha incalzato il pg. Per Policastro «la separazione dei due Csm completerà il quadro che sarà ulteriormente peggiorato dalla riforma del suo sistema elettorale. I due Csm frutto della sorte saranno deboli e inclini alla burocratizzazione, senza alcuna investitura rappresentativa del corpo di cui dovrebbero tutelare l’autonomia e la indipendenza. L’istituzione dell’Alta Corte per la materia disciplinare completa il quadro certamente non rassicurante delle riforme ordinamentali. Sembra che tutto volga verso un indebolimento della magistratura e della sua funzione di controllo di legalità e di garante dei diritti delle persone». «La nostra preoccupazione per questa riforma – ha sottolineato Policastro è data dalla constatazione della realtà, un pubblico ministero separato, isolato dalla giurisdizione, come accade in molti ordinamenti, è assai vicino, se non collegato, all’Esecutivo. Non vorremmo che accada». Il pg ha anche lanciato all’avvocatura, che invece condivide la riforma, un «appello franco a ripensarci e a riflettere sull’arretramento delle tutele che essa implica: avrete un pm, separato, meno attento alla cultura della giurisdizione, più attento al risultato e meno ai diritti dell’imputato e certo con una minore inclinazione a investigare anche a favore dell’indagato e a chiedere l’assoluzione in udienza».
Su riforma e proteste, ha mantenuto invece un basso profilo la presidente di Corte d’Appello Maria Rosaria Covelli: nessun accenno al tema nel corso della sua relazione. Non solo: quando, nella conferenza stampa sull’analisi dei dati relativi all’andamento dei reati e del funzionamento della giustizia nel distretto di Napoli, le è stata posta una domanda diretta sul punto, la presidente si è inizialmente ritratta. «Un’altra domanda? – ha detto -. Questa conferenza stampa è solo sui dati». Poi di fronte all’obiezione mossa, ha osservato che «anche nella mia relazione ho richiamato l’articolo 104 della Costituzione che sancisce il principio fondamentale dell’autonomia e indipendenza del magistrato, è un principio a garanzia dei diritti delle persone, a garanzia delle libertà ed è dunque un principio che deve rimanere». «E una autonomia e un’indipendenza, presidiata dal Consiglio superiore della magistratura – ha proseguito la presidente di Corte d’Appello – in cui deve arrivare anche da parte del Ministero quell’ausilio fondamentale sul piano delle risorse e dell’organizzazione perché anche risorse e organizzazione aiutano il magistrato ad essere autonomo e indipendente».
lunedì, 27 Gennaio 2025 - 15:58
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