L’Italia non ha adempiuto agli obblighi di «elaborare una strategia globale per affrontare la situazione della Terra dei fuochi» e di «istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e stabilire una strategia di informazione pubblica», rendendosi così responsabile della mancata tutela di 2,9 milioni di abitanti della zona «dallo scarico, l’interramento o l’incenerimento di rifiuti su terreni privati, spesso effettuato da gruppi criminali organizzati».
Con questa motivazione la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato l’Italia, stabilendo che il nostro Paese introduca, senza indugio, misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento in questione. Il tempo concesso all’Italia per provvedere è di due anni. La sentenza è definitiva. La Corte ha riconosciuto un rischio per la vita «sufficientemente grave, reale e accertabile», che può essere qualificato come «imminente». I giudici inoltre ritengono che «non ci siano prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei Fuochi». Evidenziano che i progressi nel valutare l’impatto dell’inquinamento sono stati lenti, quando invece occorreva celerità. Inoltre indicano che lo Stato non è stato in grado di dimostrare di aver preso tutte azioni penali necessarie per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti nell’area della Terra dei Fuochi. «Data l’ampiezza, la complessità e la gravità della situazione, era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato», scrive la Cedu.
Il procedimento era stato aperto a seguito del ricorso di 41 persone (residenti nelle province di Caserta e Napoli) e cinque associazioni (con sede in Campania) che verteva sullo lo scarico, l’interramento e l’incenerimento di rifiuti, spesso effettuati da gruppi criminali organizzati, in alcune zone della Terra dei Fuochi. Le richieste delle associazioni sono state respinte perché, secondo la Cedu, esse non sono «direttamente interessate» da presunte violazioni derivanti da un pericolo per la salute dovuto all’esposizione al fenomeno dell’inquinamento, e che mancano della legittimazione ad agire per conto dei loro membri. Respinti anche i ricorsi di un gruppo di cittadini: in questo caso per alcuni – secondo i giudici – non ci sono prove sufficienti che loro i parenti vivessero in aree interessate dal fenomeno dell’inquinamento.
giovedì, 30 Gennaio 2025 - 11:17
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